Sta a ciascuno di noi rimanere con gli occhi aperti per non perdere queste tracce per essere consapevoli, e non burattini manovrati senza capacità critica.
Su questo blog c'è qualche traccia, il resto non dovete mai smettere di cercarle voi.

domenica 31 ottobre 2010

“Protezione animali? No, commerci non chiari”


Il Tierschutzbeirat (Comitato Tutela Animali) è un organo consultivo nominato dal Ministero dell’Ambiente e Foreste di ciascun Land tedesco. La sua composizione garantisce la rappresentanza di vari settori professionali e sociali che hanno a che fare col mondo animale: veterinari, esponenti della vita pubblica, dell’insegnamento superiore e universitario, dell’industria e dell’agricoltura, associazioni di protezione animali, con la partecipazione di esperti esterni. Il suo ufficio è fornire consulenza al Ministero sul tema del benessere animale, elaborare proposte legislative, promuovere presso il pubblico una cultura di tutela degli animali.
Il Tierschutzbeirat della Renania-Palatinato ha il suo da fare. Il Land fa parte, col Baden-Württemberg, della cintura di confine sud-ovest della Germania, quella che per prima riceve i flussi di trasporto di massa dalla Spagna e che vede passare i carichi dal Sud verso i centri di raccolta del Nordreno-Westfalia. S’intende che trovarsi all’ovest non lo risparmia dall’invasione dei trasporti orientali. Del resto, l’abbiamo già ricordato più volte, all’arrivo di tanti carichi (cioè di tantissimo denaro) dall’estero si accompagna all’interno una particolare voracità di certe organizzazioni nel rastrellare offerte dai fini mai chiariti. Se qualcosa sembra risultare ormai ben chiaro alle autorità del Land, è il dilagare del fine economico-finanziario nella cosiddetta protezione animali all’estero.
E la situazione deve essere arrivata al livello di guardia, se il Tierschutzbeirat ha deciso di diramare, nello scorso maggio, un pubblico comunicato ai cittadini del Land.
Commercio di cani sotto la copertura della protezione animali
25.05.2010
Il Comitato Tutela Animali del Land Renania-Palatinato mette in guardia da dubbie pseudorganizzazioni di protezione animali che per puro profitto piazzano cani provenienti dall’Europa del Sud e dell’Est. Non di rado agli ignari acquirenti si fa credere che si tratti di cani salvati da centri di uccisione all’estero. In realtà è però ben fondato il sospetto che attraverso allevamenti di massa programmati venga servito un mercato che sotto la copertura della protezione animali sfrutta la compassione della gente di buon cuore. “Una sensata protezione animali all’estero trova invece la sua piena realizzazione sul posto, e precisamente sotto forma di lavoro di sensibilizzazione e di sterilizzazioni per ridurre le nuove generazioni canine”, ha spiegato il dott. Helmut Stadtfeld, presidente del Comitato Tutela Animali.
Agli amanti degli animali che, dopo una ben ponderata riflessione, si siano decisi ad acquistare un cane, Stadtfeld consiglia di rivolgersi a un allevamento trasparente e fidato o a un rifugio ben gestito, dove ci si può scegliere con calma il nuovo amico domestico e non si ricevono pressioni per l’acquisto. Da respingere, a suo parere, qualsiasi forma di questo commercio di cani, giacché i cuccioli, che nell’importante fase dell’imprinting devono adattarsi più volte a un nuovo ambiente, non di rado sviluppano problemi comportamentali fino ad arrivare all’aggressività.Dietro organizzazioni di protezione animali dai nomi che suonano così bene, e che si dedicano soprattutto o esclusivamente all’intermediazione di cani dall’estero, si nascondono spesso mercanti di cani particolarmente sospetti. Quindi, rifuggire da acquisti fatti d’impulso sulla base di offerte in internet o dal comprare un cucciolo malato per compassione, o cani che vengono venduti alla porta di casa o nei parcheggi in autostrada, o comunque ostentando urgenza. Accogliendo con pie intenzioni cani del genere, si corre il rischio di incrementare un rifornimento proveniente da fonti dubbie.


“Allevamenti programmati di massa”. Più chiaro di così. Ci avevamo pensato più volte, e non solo per la Spagna, anche se forse è alla Spagna, magari con la Romania, che spetta il primato della produzione e del rifornimento; ma anche il nostro Sud non scherza. Forse escono dalle perreras più cani di quanti ce ne entrino e, come sotto il nostro sole campano o siciliano, pugliese o calabrese, più cani si spediscono più ne saltano fuori. A dispetto della soppressione, che esiste in quanto tale in quasi tutta l’Europa, ma che per qualche ragione funziona a meraviglia da strappacuori solo per le spedizioni al Nord. Prima per le collette per i chip, per gli esami, per vaccini che, se abbiamo capito come funziona, qualche volta sono all’acqua fresca; poi per la vendita. Tanto che perfino da noi l’espediente “destinato alla soppressione!” comincia ad aver successo fra i bancarellari del web. Che il randagismo sia un business l’abbiamo sentito dire dalle voci più svariate e con le più svariate intenzioni. Che sia un business non occasionale, anzi necessario a qualcuno, l’abbiamo detto più volte. Ricordiamo questa voce del piano produzione: allevamenti programmati di massa.
Perché è questo l’aspetto su cui punta l’attenzione il Tierschutzbeirat, che ha emanato il suo comunicato in una prospettiva di difesa del consumatore medio, così come lo si farebbe parlando del mercato dei cuccioli dell’Est. Speriamo che più nessuno, ormai, si sorprenda sentendo parlare di acquisto – Kauf – nei rifugi così come negli allevamenti, e vedendo associare questo termine alla Vermittlung, l’intermediazione che si insiste a far passare per adozione.
Ma se – una volta chiarito che non si sta parlando di protezione animali all’estero perché quella, si dice, è tutt’altra cosa – se si destina questa presa di posizione a un settore e a un problema ben precisi… che fine fanno tutti i cani invenduti, o non venduti a questo bacino d’utenza: e ce ne sono, a meno che ogni acquirente non se ne compri un branco? E che fine fanno gli acquisti sbagliati, e anche di questi ce n’è non pochi, o questo comunicato non avrebbe ragion d’essere? E dove vanno tutti quelli che non sono neppure destinati a un rifugio, ma a chissà quali stalli e depositi?
A proposito. Da un paio d’anni e forse più ci par d’essere in Renania, e magari avessimo anche noi un Tierschutzbeirat. Buffa situazione quella del nostro Paese, che passa cani agli ambulanti d’Oltralpe e intanto fa lo stesso mestiere coi cani della Spagna, anche sotto l’egida di “organizzazioni di protezione animali dai nomi che suonano così bene”. Che strazia le anime e spreme i portafogli con la stessa propaganda che altri usano nei nostri confronti. Che porta cani non a gruppetti, non a furgoni, ma a camionate, e li sparge in giro non senza l’uso copioso del porta a porta, dello stallo, del deposito, a spese degli animali dei due Paesi. È la globalizzazione, bellezza; ma temiamo proprio che con la protezione animali, all’estero e qui, abbia ben poco a che fare.
http://www.copernico.de/tierschutzbeirat/pressetexte.php?text=hundehandel_unter_deckmantel

sabato 9 ottobre 2010

Fantastico, anzi fuori legge. Viaggio in un rifugio tedesco.



Charity Watch (http://www.charitywatch.de/) è una testata che si dedica a inchieste sistematiche sulla gestione di associazioni, fondazioni e quant’altro, in Germania, dichiari di sussistere e operare per scopi ideali e senza fini di lucro; con un occhio particolare alla raccolta e all’impiego di finanziamenti e offerte.
Si occupa dunque di scienza e ricerca, aiuti sociali, promozione dello sviluppo, ambiente, politica, cultura, religione, sport, istruzione… e ha una grossa, grossa sezione sulle organizzazioni di protezione degli animali.
Sulle quali sta conducendo da tempo un censimento e un’analisi dettagliata che hanno prodotto un enorme e interessantissimo database, tutto al fine di dotare i potenziali donatori degli strumenti per donare responsabilmente e senza sorprese. E, a proposito di sorprese, ha il merito di aver tolto il coperchio e l’aureola a tutto un brulicante mondo di tranquilli ed evidenti affari – anche quando si ammanta di nomi potenti e prestigiosi. Spesso, molto spesso le situazioni che mette in luce ci riguardano da vicino.
L’articolo che segue fa parte della sua inchiesta sulla gestione dei meravigliosi rifugi nei quali sovente altri benefattori spediscono i nostri animali. Come si spiegano, se si vorrà spiegarle, le incongruenze del lindo e asettico rifugio del Baden-Württemberg visitato in questa occasione? Lasciamo al lettore il gusto della scoperta – e, però, anche il dovere della riflessione.
15.9.2010
Fantastico, vietato, oscuro
Karin Burger
La Tierschutzverein (associazione di protezione animali) Ravensburg-Weingarten und Umgebung si occupa di una vasta area che comprende 29 comuni. L’associazione gestisce nel comune di Berg il suo rifugio, che ha ristrutturato nel 2007 con un investimento di 450.000 euro, risanando anche le parti già esistenti. Il rifugio di Berg presenta un quadro molto sfaccettato, con grandi ambivalenze. La cura dei gatti è semplicemente fantastica. I box interni dei cani, nelle loro dimensioni attuali, sono semplicemente vietati. E per tutto ciò che attiene ai numeri concreti, presso l’associazione di Ravensburg regna l’oscurità più completa. Il direttivo non permette a Charity Watch di dare un’occhiata al suo rendiconto di gestione e al bilancio annuale.
Rifugio
Il rifugio di Berg è gestito in modo molto rigido. Il presidente Josef-Franz Schaller, che quest’anno ha festeggiato i suoi 70 anni, garantisce pulizia e ordine con la presenza quotidiana al rifugio e in stretta collaborazione con il responsabile della struttura, Dragos Margaritaru. In ogni angolo del rifugio si può mangiare direttamente dal pavimento senza alcun odore sgradevole. Ogni cosa ha il suo posto e lì strettamente rimane. Innovazione particolare: nell’intero rifugio si trova una pavimentazione speciale, del tipo di quella usata anche nei laboratori di ricerca. Questo rivestimento, molto costoso, è facile da lavare e da disinfettare, è isolante e ha un effetto visivo impressionante.
Oltre a questo, il rifugio offre interessanti innovazioni: per il primo incontro tra interessati all’adozione e cani del rifugio, c’è una zona recintata con posti a sedere dove gli amici degli animali possono conoscere in tutta calma il potenziale nuovo membro della famiglia. Grazie all’ottima collaborazione con l’ufficio veterinario pubblico, l’associazione di Ravensburg ha elaborato un proprio formulario nel quale già al primo contatto con gli animali da tutelare vengono registrati tutti i dati più rilevanti, e solo nei casi più impegnativi la procedura è poi trasmessa all’Ente preposto – esemplare.
Paradiso dei gatti
Il punto di forza della TSV Ravensburg fa mostra di sé nel gattile. I vari recinti sono tanto funzionali quanto deliziosamente arredati. Gran quantità di giocattoli, possibilità di arrampicarsi, nascondigli, posti per riposare e piattaforme di osservazione addolciscono ai gatti l’attesa di una nuova casa. Tutti (!) i gatti hanno un aspetto stupendo: pelo lucido, occhi asciutti, né troppo grassi né troppo magri, vivaci e curiosi. Attualmente il rifugio, a causa della stagione, detiene un gran numero di gattini.
Inferno dei cani
Il rifugio è stato costruito agli inizi degli anni ‘70. Allora vigevano ben altri standard per la detenzione degli animali. Da molto tempo esiste ormai la cosiddetta Tierschutz-Hundeverordnung (TierSchHuV: Regolamento di tutela dei cani) che fissa le dimensioni minime delle strutture. Nella versione attuale, che risale al 2 maggio 2001, essa prescrive come dimensione minima assoluta di un box per cani una superficie di 6 metri quadri. Questa misura minima aumenta a 8 mq per i cani alti da 50 a 65 cm al garrese, e addirittura a 10 mq per cani oltre i 65 cm. Dai dati forniti dal presidente, al rifugio di Berg i box interni per cani misurano tutti 270 cm x 175 cm. Sono perciò di 4,73 mq – ben al disotto, dunque, delle misure minime prescritte per legge. Quindi un cane di taglia grande al rifugio di Berg deve ripiegarsi in uno spazio che risulta meno della metà della superficie minima di legge.
Violazioni delle norme vigenti
Attraverso il passaggio tipico dei rifugi (porta ribaltabile), i cani di Ravensburg hanno accesso a un recinto esterno, che può essere reso fruibile da uno o due cani. In caso di intemperie e in inverno, quasi tutti i rifugi possono garantire ai loro cani solo un accesso limitato e di breve durata al recinto esterno, perché altrimenti il calore degli impianti di riscaldamento si disperderebbe tutto attraverso la porta. Inoltre di notte i cani della maggior parte dei rifugi, per gli obblighi di abbattimento dei rumori, devono rinunciare al recinto esterno. Le dimensioni minime citate sopra, però, si riferiscono alla superficie che è “pienamente utilizzabile” nel tempo da parte dei cani (TierSchHuV, par. 6, cap. 3). Ma i disagi dei cani del rifugio della TSV Ravensburg non finiscono qui. Perché saltano fuori ancora altre violazioni della legge: “Almeno un lato del box deve garantire al cane una visuale libera verso l’esterno. Se il box si trova all’interno di un fabbricato, al cane deve essere garantita una visuale libera verso l’esterno del fabbricato”. Non è così al rifugio di Berg. I cani lì guardano, su tutti e quattro i lati, soltanto le pareti. Nei box interni non possono vedere neppure altri cani e non hanno stimoli né impulsi visivi di alcuna specie.
Domande
L’Ufficio veterinario pubblico di Ravensburg, su richiesta telefonica di Charity Watch, non è stato in grado di spiegare come sussista questa discrepanza tra la Hundeverordnung e le dimensioni dei box interni, definiti “box di riposo” dal responsabile dell’associazione. Il veterinario competente durante la conversazione telefonica non aveva le disposizioni di legge a portata di mano. Non è nemmeno stata indicata una data precisa per chiarire questa situazione. Ma indipendentemente da ciò, sorge la domanda: perché con quel notevole volume di investimento di 450.000 Euro per la ristrutturazione e il risanamento non sono stati allestiti box interni a norma? E come può l’autorità competente rilasciare una licenza d’esercizio se non sono rispettati i requisiti di legge?
Anche la presenza di cani nel rifugio nel momento del picco stagionale per la protezione animali, il periodo delle ferie estive, è sorprendentemente bassa: per una capacità massima di 25 cani, il 25 agosto 2010 (periodo di ferie) si trovavano solo 7 cani nel rifugio di Berg, che dichiara una presenza media di 15-16 cani. Anche lo stato impeccabile delle aree libere presentate come “prati per giocare”, dopo un periodo di diverse settimane di pioggia, ci ha lasciati stupiti.
Giudizio di CW
L’accoglienza al rifugio di Berg è stata amichevole ed è stato concesso l’accesso a tutte le aree. In occasione di questa visita era stato promesso l’invio del rendiconto di gestione e del bilancio annuale con i dati finanziari dell’anno 2009. Appena due settimane dopo, però, la TSV Ravensburg ci ha comunicato per iscritto che il presidente rifiuta di inviarci il rendiconto di cassa.
Comunque i pochi dati finora disponibili sollevano già questioni importanti.
Per che cosa in dettaglio sono stati utilzzati i 450.000 euro per la ristrutturazione, se non è stato possibile allestire box con dimensioni a norma?
Come si spiega la rilevante differenza tra le spese per il mangime per tutti gli animali del rifugio, per un importo di 18000 euro, e i 52000 euro di spese veterinarie nel 2009? Le spese veterinarie sono qui 2,8 volte superiori alle spese del mangime. E l’importo delle spese veterinarie fa sorgere altri dubbi visto che, dalle informazioni, i cani del canile di Berg di regola non vengono castrati, nemmeno le femmine.
Lo statuto dell’associazione è datato 1982 ed è completamente obsoleto. Per una gestione moderna dell’associazione c’è bisogno urgente delle necessarie determinazioni e regole. I due presidenti, per esempio, sono stati investiti della rappresentanza senza limiti di spesa e senza il voto di approvazione dell’assemblea dei soci.

domenica 4 luglio 2010

Hundehölle, a ciascuno il suo



Ricordate l’appello disperato che il Deutsche Tierschutzbund rivolse, giusto un anno fa, al governo tedesco? Beh, la situazione non sembra cambiata. Cioè sì: in peggio.


Deutsche Tierschutzbund - Comunicato stampa 1 luglio 2010Lettera aperta: Drammatica situazione dei rifugiLa situazione dei rifugi peggiora ulteriormente. Il Deutsche Tierschutzbund, sotto forte pressione, sta cercando di trovare una soluzione per le oltre 700 associazioni sue affiliate, con più di 500 rifugi in tutto il territorio federale. C’è bisogno, oltre che di una regolamentazione unica a livello nazionale della compensazione delle spese per gli animali abbandonati raccolti, anche di un fondo finanziario a cui attingere per investimenti urgentemente necessari nei rifugi. Il Deutsche Tierschuztbund prende ora una strada insolita: con una “lettera aperta” il presidente del DTB Wolfgang Apel si è rivolto ai rappresentanti eletti a livello comunale. Il testo verrà pubblicato nei mensili destinati ai politici locali dei partiti rappresentati nel Bundestag (AKP - Fachzeitschrift für Alternative Kommunal Politik, DEMO - Demokratische Gemeinde, Das Rathaus, KOPO - Kommunalpolitische Blätter).Wolfgang Apel spiega così l’iniziativa: “I rifugi si prendono cura, insieme con molti volontari, di ogni animale - 24 ore su 24. Lo stesso vale anche per gli animali trovati abbandonati. In questo modo i rifugi si accollano i compiti dei Comuni, ma sempre più di frequente i costi restano a loro carico. Inoltre, a causa delle normative vigenti, gli oneri si scaricano sempre di più sul volontariato. Così non si può continuare, la tutela degli animali è compito dello Stato. I nostri appelli di aiuto non possono più restare inascoltati, molti rifugi lottano per la sopravvivenza. Il governo federale, ma in particolar modo i Länder e i Comuni, devono agire!”.


Ed ecco la lettera aperta:


Care elette e cari eletti comunali, gentili signore e signori,la situazione dei rifugi è sempre più precaria. Molti rifugi lottano per la sopravvivenza.Le cause di tale situazione sono molteplici: la crisi finanziaria ed economica, ma anche la legislazione sociale, si ripercuotono negativamente sulle attività di tutela degli animali. Da un lato calano progressivamente le iniziative di donazione e i servizi di sponsorizzazione, dall’altro un numero sempre maggiore di animali viene ceduto per ragioni economiche. Il tempo di permanenza degli animali nei rifugi si è drammaticamente accresciuto, i costi sono in aumento costante. Sono necessari notevoli investimenti per le strutture, che i rifugi attualmente non sono in grado di affrontare.Da decenni i rifugi, in quanto strutture per la tutela degli animali, si assumono compiti propri della funzione pubblica – e lo fanno con grande impegno, anche, in fin dei conti, per alleggerire i bilanci comunali. Giacché la gestione degli animali abbandonati è un’incombenza d’obbligo. Un’indagine su larga scala ha appena mostrato che i Comuni si accollano in media il 25% dei costi che si presentano nei rifugi, ma erogano in realtà a malapena l’80% dei servizi previsti.I rifugi non sono più in grado, su questa base, di accollarsi compiti in luogo della pubblica amministrazione. Attualmente potrei solo consigliare alle oltre 700 associazioni di protezione animali da noi coordinate, con più di 500 rifugi di loro proprietà, di rifiutare l’accoglienza di animali abbandonati. Ma non è questo il mio scopo, né, certamente, è il vostro. A prescindere dal fatto che sarebbe una battuta d’arresto per la protezione animali in generale, la bancarotta dei rifugi sarebbe tragica anche per i vostri Comuni: dovreste assumervi in proprio la cura degli animali abbandonati.I rifugi sono importanti per le politiche sociali: prendiamo in carico, per di più, molte funzioni pedagogiche e terapeutiche. Nei rifugi si creano posti di lavoro e di formazione. Di norma gli investimenti nella protezione animali sono collegati con commesse di lavoro per la manodopera locale.Abbiamo già provato di tutto per poter entrare in colloquio diretto con i massimi rappresentanti dei vostri Comuni. Purtroppo una conferenza al vertice già fissata con i vari responsabili istituzionali è stata disdetta all’ultimo momento. Perciò oggi mi rivolgo direttamente a voi: vi prego, aiutateci a trovare soluzioni.Ovviamente si tratta di soluzioni a lungo termine e sovraregionali: un quadro unico a livello nazionale per un “rimborso delle spese per gli animali abbandonati” e la creazione di un fondo permanente di investimento e di un fondo di aiuti nei bilanci pubblici.Ora però dipende da Voi sul posto. Faccio appello a voi: sostenete come vostro partner l’associazione locale di protezione animali nostra consociata. È anche vostro interesse conservare i rifugi.Resto volentieri a vostra disposizione per ulteriori informazioni.Wolfgang ApelPresidente del Deutsche Tierschutzbund



Ma che aria di casa, direbbe qualcuno. Eh no signori: qui si descrive qualcosa di peggio, nonostante l’asso nella manica della soppressione facile. Certo, si parla di rifugi lasciati a se stessi, di Comuni sordi e insolventi, di oneri lasciati ai volontari, e se si chiudono gli occhi pare d’essere a Ragusa (esempio a caso, eh…). Ma si parla anche di qualcosa di più radicale, di qualcosa di fondamentale: una legislazione inadeguata, la mancanza di una regolamentazione nazionale, un appello allo Stato perché si ricordi che la tutela degli animali è funzione pubblica! Ma come… non era in Italia la Hundehölle, l’inferno dei cani? E come mai i rifugi tedeschi sono allo stremo, come mai non si cessa di raccogliere animali abbandonati… non ci si ripeteva fino alla noia che in Germania non c’è randagismo? che la voglia di adozione dei cittadini tedeschi, crisi o non crisi, è tale che spinti da pietà vanno a cercare cani all’estero, soprattutto se anziani e malati? Da far pensare che i rifugi tedeschi non siano nemmeno nell’elenco telefonico. Ma si sterilizza in Germania?
Curioso vedere il rappresentante di un colosso dell’associazionismo quale il Tierschutzbund rivolgersi allo Stato, poi ai Länder, poi ai Comuni, e si pensa all’orgia di menefreghismo degli Enti pubblici che tanto ci affratella. Ma una ragione c’è, e sta nel disgraziato concetto di gestione privata del benessere animale che nella tanto bistrattata Italia è tramontato da un pezzo – almeno ufficialmente – e che in Germania trova il suo riflesso ultimo nel commercio dei randagi.
Già, perché Wolfgang Apel, nel rappresentare le difficoltà dei rifugi e, si suppone, degli animali (nonostante il tono un po’ glaciale col quale espone le conseguenze di un fallimento dei rifugi), sta facendo il suo dovere di rappresentanza. Però forse tralascia un dettaglio, e allora qualche suggerimento possiamo darglielo, perché anche per noi “l’amore per gli animali non conosce frontiere” e ci fanno pena, sinceramente, i cani tedeschi.
Non pensa il Tierschutzbund che potrebbe ottenere ottimi risultati per gli animali tedeschi se lottasse perché non vengano loro rubati il posto in canile, e la possibilità di uscirne, da tanti innocenti animali importati? Non pensa che tanti animali abbandonati, se potessero parlare, forse non parlerebbero tedesco? Non pensa poi che se i rifugi sono pieni è anche perché fiorisce il mercato parallelo delle imprese di import-export, travestite da associazioni, che si arricchiscono vendendo animali stranieri ANCHE a famiglie?
Però, Herr Apel, ci duole constatare che fra le 700 e passa Vereine del Tierschutzbund quelle che si dedicano all’importazione non mancano affatto. Anzi. E poi piangono miseria. Che cosa vogliono allora, quando chiedono per sua bocca un fondo di investimenti, un rimborso spese, un capitolo di bilancio pubblico: che lo Stato, i Länder e i Comuni, cioè i cittadini tedeschi, si accollino anche i costi del flusso ininterrotto di animali dagli altri Paesi? che anche l’importazione passi a carico della pubblica amministrazione? Provi il Tierschutzbund a seguire una politica seria di tutela degli animali sul posto: quella politica che per parte nostra non cessiamo di raccomandare, in Italia, a chi guarda sempre a Nord, neanche avesse una bussola in testa. E dica a tutti di non preoccuparsi: ai nostri cani ci pensiamo noi, e, anche se stiamo faticando per farlo bene, almeno una legislazione moderna a cui ispirarci ce l’abbiamo. E faremo di tutto per non far entrare i nostri animali in rifugi in cui, nonostante gli “sfoltimenti” di legge, restano a malapena i posti in piedi.
Si rassicuri: noi non scriveremo all’ambasciatore tedesco minacciando di non venire più in vacanza in Germania, né prometteremo di non comprare più würste, formaggi o birra. Non proporremo, con la stessa arroganza di qualche ingegnoso avventuriero, ispettori per i vostri rifugi, fra i quali a quanto pare quelli fatiscenti non mancano. E non dubitiamo che in essi tanti onesti e preparati volontari facciano miracoli, come qui da noi. Questione di stile. Però potremmo venire a darvi consigli sull’anagrafe canina pubblica e su qualche altra cosuccia.
Il Deutsche Tierschutzbund è un’istituzione antica e gloriosa. Potrebbe essere il protagonista di una rivoluzione copernicana, di un balzo verso la vera modernità: al suo interno prima di tutto, e poi nell’intero sistema tedesco di tutela degli animali. Ricordando che la funzione pubblica deve essere prima di tutto garanzia di rigore.


http://traccediverse.blogspot.com/2009/07/la-situazione-dei-519-rifugi-in.html
http://www.tierschutzbund.de/4079.html
http://www.tierschutzbund.de/fileadmin/mediendatenbank_free/Briefe_etc/DTSCHB_Offener_Brief_Kommunen.pdf

domenica 20 giugno 2010

ENPA Ancona: allarme traffici Marche – Germania


Riceviamo e pubblichiamo.
COMUNICATO STAMPA

19 giugno 2010

L’Ente Nazionale Protezione Animali è venuto a conoscenza del fatto che al Canile Bartozzi di Montemarciano (AN), che ospita cani del Comune di Senigallia e di altri Comuni del territorio, sono in corso da qualche tempo, da parte dell’organizzazione tedesca Hundehilfe Hundeherzen di Maintal (Assia), prelievi di cani che sono immediatamente spediti in Germania.
I cani figurano adottati da persone fisiche, con gli obblighi e gli impegni previsti dalla legge quadro 281/1991 e relative disposizioni ministeriali. Si tratta però di sedicenti adozioni, poiché subito dopo l’affido i cani vengono portati oltreconfine da emissari dell’organizzazione e trattati come proprietà di quest’ultima, che li deposita in stalli temporanei per poi piazzarli a prezzi che vanno da 250 a 300 euro.
I cani sono pubblicizzati nel sito tedesco quando ancora si trovano nel canile, per poi essere prelevati al momento opportuno. Allora avvengono le “adozioni”, anche per procura, cosa inammissibile in un atto pubblico; anzi l’organizzazione, che si avvale di collaboratori locali, usa perfino prestanome italiani. I cani, poi, lasciano l’Italia molto prima della data permessa dalle norme sanitarie del passaporto europeo, in contravvenzione ad ogni legge europea sulla circolazione non commerciale degli animali d’affezione.
L’ultimo caso è quello di Pisellino, cagnetto di 11 anni “adottato” a fine maggio da un prestanome del luogo e subito passato sottobanco agli esportatori, come hanno scoperto i volontari ENPA che con amore e competenza prestano il loro servizio nel canile. A dispetto delle ripetute segnalazioni, il Comune di Senigallia, proprietario e tutore legale di Pisellino, non è ancora intervenuto per strapparlo alle mani di chi lo ha sottratto e si prepara a spedirlo all’estero.
L’Ente Nazionale Protezione Animali non intende permettere che questo disdicevole commercio, che già fa oggetto d’indagine da parte di più Procure in Italia e di interrogazioni parlamentari, prenda radici anche nelle Marche. A livello nazionale, ha anzi lanciato la petizione “Ti deporto a fare un giro” contro la deportazione all’estero degli animali affidati alla pubblica tutela, i cui risultati sono stati presentati al Sottosegretario alla Salute on. Martini. Attraverso la sua Sezione di Ancona, ha preso contatto con l’Amministrazione comunale di Senigallia richiamandola al dovere di custodia e garanzia degli animali che la legge le affida, esigendo l’immediato recupero del cane Pisellino, per il quale è stata offerta un’adozione autentica sul posto, e chiedendo l’emanazione di un’ordinanza di regolamentazione degli affidi, sull’esempio dei molti Comuni italiani che hanno già aperto gli occhi sul fenomeno.
Certo della sensibilità dei cittadini marchigiani, l’Ente Nazionale Protezione Animali confida nelle istituzioni comunali e regionali e nel Ministero della Salute, al quale ha segnalato il caso, per una reale e trasparente tutela della legalità e degli animali alla cui protezione si dedica da 140 anni.

Marcella Falà
Presidente Sezione ENPA Ancona


Chi si rivede, i rigattieri del randagismo. È vero che è cosa di tutti i giorni che l’improntitudine degli esportatori tiri diritto per la realizzazione dei suoi progetti, a dispetto degli smascheramenti, passando allegramente sopra le leggi e sotto le coperture che l’indifferenza delle istituzioni le serve su un piatto d’argento. Ma nel caso dell’asse Senigallia – Maintal ci sembra, ce lo consenta il Comune di Senigallia, che si stia andando un po’ oltre l’indifferenza, e auspichiamo che altre autorità intervengano urgentemente per insegnare alle istituzioni locali, amministrative e sanitarie, che i loro diritti sono anche i loro doveri e che le piccole dimensioni della realtà in cui operano dovrebbero servire non a far sparire un capitolo di spesa con l’aria di non saperne nulla, ma a svolgere correttamente i compiti affidati loro dalla legge. Ci dispiace, ma fingere ostinatamente di guardare dall’altra parte non paga più.
Incuriositi dalla seconda puntata di questa storiaccia, siamo voluti andare a vedere com’è cambiata la vetrina di Hundeherzen da quando, un po’ più di due mesi fa, abbiamo letto il comunicato di UNA Civitanova. All’epoca, se non andiamo errati, erano esposti Azzurra e Sofia (partite entrambe), Kira, Lola, Pisellino (Piccolino nel sito tedesco) e Max (Mäxchen). Ah, ma la schiera si è infoltita. Ecco Toro, che “deve venir via urgentemente” da quel canile che, come sbagliarsi, aveva tanto “turbato” l’emissaria locale di Hundeherzen. E poi Barry, Nano (Charlie), Ricky, Gino, Mami (Mimmi), Adrio (Bobby), Angelo, Mina, Sada, Giorgio (Tappsi). Usciti a gruppetti, gli ultimi ai primi di giugno, tutti del Comune di Senigallia e tutti “noch in Italien”, intanto si va avanti e si prepara l’offerta, età ridotte, razze inventate, poi si vedrà. Insieme con tantissimi loro compagni spagnoli e dell’Est (anche qui, come sbagliarsi?). Quante foto per ognuno, in tutte le pose e con varietà di sfondi, a quanto pare questa gente si muove in quel canile come in casa sua, ma come funzionano le cose a Senigallia?
E, toh toh, c’è un altro cane marchigiano, ci abbiamo messo un po’ a individuarlo e magari non è il solo, è Lino (Murphy) del Rifugio Anita di Falconara, che, si dice, sta così male in canile che si è dato al bere (acqua, eh) per suicidarsi. Testuale. Ma lì lo sanno? Solo perché vorremmo sapere se anche quel rifugio è diventato una soffitta da svuotare, e ci stupirebbe, ma la vita è piena di scoperte.
Per fortuna l’ENPA ha sul territorio anche tante sezioni che lavorano con rigore e coraggio. Ringraziamo l’ENPA di Ancona di aver voluto mettere a parte anche noi del suo comunicato e di mantenersi con coerenza sulla linea dei principi dell’associazione che hanno ispirato la campagna “Ti deporto a fare un giro”. Quanto al Comune, non vorremmo essere noi a ricordargli che l’illecito, se non si contrasta, si favorisce: non c’è via di mezzo.
Quindi, per prima cosa, giù le mani subito da Pisellino, cagnetto di 11 anni (pardon, 9 e mezzo in Germania) sottratto con un trucco, che ha pronta una famiglia che l’aspetta sul posto. Gratis…


http://traccediverse.blogspot.com/2010/04/comunicato-una-civitanova-i-rigattieri.html
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http://traccediverse.blogspot.com/2010/04/comunicato-una-civitanova-i-rigattieri_2742.html
http://www.hundeherzen.de/

mercoledì 26 maggio 2010

ETN, la Campagna d’Italia


Il 6 febbraio di quest’anno il signor Wolfgang Stephanow ha conquistato l’ambita carica di presidente dell’ETN. Che cos’è l’ETN o Europäische Tier- und Naturschutz? È una multinazionale che ha, almeno formalmente, una storia ventennale – segnata da contorni piuttosto tormentati – e che fa parte di un trust di ricche imprese facenti capo a un gruppo ristretto di personaggi, collegati fra loro fin dagli anni ’90 in quella che è forse la più grandiosa attività di “movimentazione” di cani randagi nel nostro emisfero.
L’ETN stessa funziona come cartello, seguendo una tendenza che si fa largo sempre più nel mondo fluido del commercio di randagi: anziché centralizzare formalmente su di sé la direzione delle attività, figura come coordinatore di un sistema di partenariato di circa un centinaio di organizzazioni diverse, ciascuna delle quali ha a sua volta i suoi collegamenti esteri, che siano fiduciari tedeschi o servizievoli agenti locali. Un sistema che offre garanzie di compensazione dei redditi e un bacino vasto e sicuro di raccolta di consensi e di offerte. In più, l’ETN vara e patrocina progetti specifici d’intervento e prelievo di animali in vari Paesi. Lo stesso Stephanow, dalla Germania, ne presiede con la moglie uno che ha come base i canili ungheresi. Quando dunque troviamo corrispondenze e scambi fra organizzazioni tedesche in giro per il mondo, sarà bene verificare se il tutto non si svolga nel grembo vigile dell’ETN. Gli animali trascinati in Germania non proviamo nemmeno a contarli. Facciamoci solo un’idea considerando che sull’impero economico dell’ETN il sole impiega parecchio a tramontare, visto che solo in Europa l’ombra della multinazionale si allunga dalla Turchia alle Canarie, passando almeno per Moldavia, Russia, Ucraina, Bulgaria, Romania, Ungheria, Grecia, Croazia, Serbia, Montenegro, Malta, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda (http://etn-ev.de/index.php?module=partner&index%5bpartner%5d%5baction%5d=overview).
Si sa che giocando sulla quantità si tira un po’ via, per così dire; e può accadere che nascano fastidi su dettagli inaspettati, capaci di aprire prospettive inquietanti anche agli occhi delle autorità tedesche. Qualcuno ricorderà che questo blog si è occupato di un carico fermato il 18 settembre 2009 dalle parti di Offenburg, nel Baden-Württemberg: 42 cani provenienti da Portogallo e Spagna, stipati in un camion in condizioni spaventose, con documenti buoni per incartare il pesce. Nacquero feroci discussioni anche in Germania, ma per qualche motivo nessuno sul momento fece il nome dell’organizzazione “molto conosciuta” per conto della quale avveniva quel trasporto che diede luogo a una serie di denunce. Era l’ETN. Sì, disse il suo portavoce Götz Bukenberger, era da un po’ che pensavamo di comprare un camion nuovo. Sovraccarico? Ci sono migliaia di camion sovraccarichi per strada, fu la risposta sprezzante (l’aggettivo non è nostro, è della tedesca Charity Watch. Ci associamo). Beh, a suo modo aveva quasi ragione. Lui parlava di merce. Semmai notiamo in margine che evidentemente non era la prima volta, e che forse il nostro uomo aveva qualche idea dell’intensità della circolazione di “quella” merce.

Ora, il signor Stephanow è chiamato a dare il suo nome a un piano di sviluppo appena partito, rispondendo a strategie forse concepite di recente, forse preordinate da tempo. E prende in mano la Campagna d’Italia.
In Italia l’ETN ha una sola ma importante testa di ponte: la SOS Animali International di Helga Selzle a Boccheggiano (Grosseto). La Selzle raccoglie animali, di preferenza malati o menomati, da tutta Italia (ha forti legami con l’entroterra del Centro e con la Puglia) e anche dall’estero. Alcuni se ne possono vedere esposti nella sua pagina-vetrina in tedesco. Ultimamente ha una certa fortuna: i menomati, chissà perché, stanno andando forte in Europa. Uno degli arrivi più recenti è quella Cipollina (poi Mellie) del canile di Tolentino, paraplegica, sul cui felice approdo a Grosseto si sono commossi i giornali locali marchigiani.
È dunque con la Selzle che Stephanow assembla i dati necessari su una moltitudine di orribili canili italiani: uno presso Roma e uno presso Napoli. Guardi, Stephanow, che forse ce ne sono di più: e se glielo diciamo noi… non importa, dirà di aver fatto il giro d’Italia, e forse è vero che fino a Grosseto c’è arrivato. Ora la campagna può partire, piuttosto violenta ma non nuova per contenuto e toni. C’è il solito slogan “Bella Italia”. C’è la minaccia, che ora va per la maggiore, del boicottaggio dei prodotti e delle vacanze italiane (o spagnole, o greche… dipende. Anche se dubitiamo che susciti allarmi nella riviera romagnola). C’è l’asso nella manica della lettera al papa tedesco, a uso e consumo delle casalinghe bavaresi, e questo non l’ha mai avuto nessuno (anche se sospettiamo che il papa tedesco, in quel periodo, si sia poi soffermato su altri pensieri). C’è la macchina da guerra della raccolta firme, sostenuta dal porta a porta, dai call-center, dalle tv consociate, insomma da tutto l’apparato di comunicazione che serve usualmente alla raccolta offerte delle holding come l’ETN.
E c’è il comodo format della mail all’ambasciatore italiano a Berlino.


Eccellenza, basta - ora basta! Centinaia di migliaia di cani vegetano, lasciati a se stessi, in condizioni orribili nei "lager" italiani. Perché? Per pura avidità di guadagno! Ecco perché mi rivolgo a Lei: metta fine ai sanguinosi affari di questi maltrattatori di animali senza scrupoli. Faccia sì che i canili siano sottoposti al controllo delle autorità statali e di organizzazioni animaliste indipendenti. Procuri che sia rispettata la legge italiana sulla tutela degli animali. Non permetta oltre che il maltrattamento degli animali sia finanziato dagli introiti delle tasse. Fintanto che in Italia i cani vivranno l'inferno, non acquisterò più prodotti italiani e non metterò più piede nel Suo Paese.
http://etn-ev.de/temp/explorer/files/phpPETITION/phpPETITION/


L’ambasciatore è diplomatico per mestiere. E da diplomatico sono i toni, non la sostanza, della risposta.


Berlino, 18 marzo 2010

Gentile Signor Stephanow,
faccio nuovamente riferimento al contenuto della Sua lettera dell’8 gennaio scorso, in cui Lei ravvisava le condizioni di vita deplorevoli dei cani senza padrone nelle strutture di accoglienza italiane.
Ho presentato le Sue osservazioni alle competenti autorità italiane e vorrei farLe pervenire alcune considerazioni sul tema.
Innanzitutto vorrei sottolineare che la legislazione italiana riguardante la protezione degli animali domestici è particolarmente avanzata. In effetti, l’Italia è l’unico Paese europeo che non prenda in considerazione l’eutanasia dei cani randagi, nemmeno quando non si riesce a trovare loro una nuova casa. Inoltre, esiste un’anagrafe canina a livello nazionale, in cui sono indicati anche i cani randagi e quelli detenuti nei rifugi. Questa anagrafe permette di identificare con sicurezza sia gli animali sia i proprietari, che in caso di comportamenti contrari alla legge devono fare i conti con pene assolutamente severe. Giacché l’uccisione, il maltrattamento e l’abbandono di animali sono in Italia reati penalmente perseguibili.
Purtroppo a livello locale sussistono ancora alcune situazioni che è difficile governare. Sfortunatamente ci sono nel Paese regioni nelle quali, nonostante le campagne per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e per la sterilizzazione degli animali, vivono ancora molti cani randagi. Le strutture di accoglienza non sono sempre all’altezza del loro compito, così che possono derivarne situazioni come quelle da Lei descritte. Si tratta tuttavia di casi che le autorità italiane si adoperano a contrastare con un’attività di sorveglianza intensiva e di controllo.
In ogni caso il Governo è impegnato per migliorare ulteriormente la situazione e sta perciò studiando anche una nuova legislazione nazionale nell’ambito della tutela degli animali domestici.
Le sarei grato se inoltrasse queste considerazioni anche ai soci e sostenitori della protesta lanciata dall’Europäische Tier- und Naturschutz e.V., non potendo rispondere loro personalmente, e colgo l’occasione per porgerLe cordiali saluti.
Michele Valensise


Purtroppo Stephanow non ha studiato da diplomatico. Ha studiato da imprenditore d’assalto, e le finezze non le vede o fa finta di non vederle. Non parliamo poi di praticarle. Così partorisce una delle più incredibili, arroganti e grossolane sparate da imbonitore che ci sia dato di leggere, parlando con lo Stato italiano da pari a pari, anzi peggio. E proponendo generosamente di impadronirsi delle istituzioni sanitarie pubbliche, dell’anagrafe canina nazionale pubblica (per farla riorganizzare da una normalissima, parziale anagrafe privata tedesca… ché altro non c’è in Germania, ma questa è sua consociata), della legislazione, del pubblico controllo su tutto e, s’intende, dei cani. Forse vuole anche un caffè e una gazzosa. Ma siamo pronti a scommettere che se gli si dessero i cani rinuncerebbe a tutto il resto.


Much, 25 marzo 2010

Miglioramento delle condizioni di vita dei cani nei canili italiani

Eccellenza,
desideriamo ringraziarLa di cuore per la Sua lettera del 18 marzo che abbiamo letto con grande interesse. Siamo lieti che abbia colto la nostra richiesta come un’occasione per prendere in più accurata considerazione la situazione dei cani in Italia.
Siamo d’accordo con Lei sul fatto che l’Italia abbia una legge moderna sulla tutela degli animali. Tuttavia in molti luoghi non viene rispettata. Lo stesso vale per la norma di legge per la quale i randagi non possono essere uccisi e i cani devono essere registrati all’anagrafe. Nel corso delle nostre numerose visite in Italia abbiamo dovuto constatare che in molti luoghi è ancora grande la popolazione dei randagi e che numerosi canili sono sovraffollati.
Ho potuto rendermi conto personalmente in molte regioni italiane degli abusi che spesso si incontrano nei canili finanziati dallo Stato – ai quali per di più si ottiene accesso solo con estrema difficoltà. In molti di questi canili i cani non vengono sterilizzati né registrati all’anagrafe. I cani, che passano l’intera vita nelle gabbie, non hanno a disposizione neppure la superficie minima prescritta dalla legge. In ultima analisi, lo Stato finisce per finanziare un ricovero e un mantenimento degli animali non adeguati alla specie, così come le manovre piuttosto dubbie di certi gestori di potuto rendermi conto personalmente in molte regioni italiane degli abusi che spesso si incontrano nei canili finanziati dallo Stato – ai quali per di più si ottiene accesso solo con estrema difficoltà. In molti di questi canili i cani non vengono sterilizzati né registrati all’anagrafe. I cani, che passano l’intera vita nelle gabbie, non hanno a disposizione neppure la superficie minima prescritta dalla legge. In ultima analisi, lo Stato finisce per finanziare un ricovero e un mantenimento degli animali non adeguati alla specie, così come le manovre piuttosto dubbie di certi gestori di canili.
Poiché l’ETN, grazie all’esperienza pluriennale acquisita soprattutto nei Paesi del Sud Europa, conosce a fondo tale problematica, Le offriamo il nostro sostegno:

- L’ETN è pronta, con la propria équipe di veterinari e in collaborazione con i veterinari italiani, a effettuare campagne di sterilizzazione per limitare la popolazione dei randagi e quindi la sofferenza degli animali. Anche in questo l’ETN può appoggiarsi a un’esperienza pluriennale che mette volentieri a disposizione.
- Con il nostro partner Tasso e.V. – la più grande anagrafe europea di animali da compagnia – possiamo valutare come si possa attuare in Italia la registrazione in anagrafe degli animali domestici in modo da coprire senza lacune l’intero territorio.
- Insieme con le Autorità italiane possiamo mettere a punto un sistema in base al quale i rifugi siano gestiti in modo tale che i cani non vi languiscano stipati in quantità in spazi calcolati in stretta misura e in condizioni catastrofiche; e nel quale, per esempio, la retribuzione si faccia in conformità con le prestazioni e le attrezzature e non per cane al giorno.
- Le offriamo di sviluppare con le Autorità una lista di provvedimenti per fare in modo che i cani dei rifugi possano essere dati ad amanti degli animali italiani e di altri Paesi europei. Giacché neppure la permanenza degli animali in rifugio da quando sono cuccioli sino alla morte rappresenta una soluzione conforme alle esigenze della specie.

Queste sono solo le misure più importanti per dare attuazione alla legge italiana sulla tutela degli animali e quindi soddisfare le esigenze dello Stato italiano. Tuttavia è necessario impiegare ispettori indipendenti il cui compito sia quello di controllare il rispetto di leggi e normative. Questa sorveglianza potrebbe essere effettuata da ispettori dell’ETN in collaborazione con animalisti italiani, onde combattere insieme contro gli abusi.
Ci confronteremmo intanto volentieri con Lei in un colloquio privato su come mettere in pratica insieme le soluzioni da noi proposte per questa azione di sostegno.
Come abbiamo già reso noto, abbiamo lanciato in gennaio una campagna di informazione. Con una risposta veramente straordinaria. La popolazione in Germania ha preso grande interesse alla sorte dei cani in Italia. Nello spazio di poche settimane quasi 20.000 persone hanno firmato la nostra petizione.
Queste firme vorremmo consegnarle a Lei nel quadro dell’occasione del colloquio. Intendono essere espressione del sostegno che noi, come organizzazione per la protezione animale, e il popolo tedesco vorremmo far pervenire a tutti coloro che in Italia sono animati da senso di responsabilità e da amore per gli animali, onde porre fine il più presto possibile agli abusi esistenti nei canili.
Nei prossimi giorni La contatteremo telefonicamente per fissare un appuntamento con Lei.
Cordiali saluti.
Wolfgang Stephanow
Presidente ETN

http://etn-ev.de/index.php?module=downloads&index%5bdownloads%5d%5baction%5d=overview&index%5bdownloads%5d%5bcategory%5d=12


Non possiamo nascondere che lo scoppio d’ilarità che ci ha colti a questa lettura si è presto trasformato in dolente solidarietà per l’ambasciatore Valensise. Eccellenza, lei è tutti noi. La preghiamo, sia diplomatico su tutto, ma sia tetragono sul caffè e la gazzosa. Però, visto che è in ballo, veda un po’ di sapere chi sono gli Italienischer Tierschützern che sono già nei ruoli dell’ETN per collaborare con i suoi Inspektoren. Noi qualche idea ce la siamo fatta.


Fonti:
http://traccediverse.blogspot.com/2009/10/spagna-germania-sola-andata-senza-scalo.html
http://www.charitywatch.de/index.asp?id=989
http://etn-ev.de/index.php?module=projects&index%5bprojects%5d%5baction%5d=details&index%5bprojects%5d%5bdata%5d%5bprojects_id%5d=76&index%5bprojects%5d%5bcategory%5d=66
http://traccediverse.blogspot.com/2010/04/comunicato-una-civitanova-i-rigattieri_2742.html

giovedì 22 aprile 2010

Cremona, cosa c’è dietro l’orrore?

La Cronaca
20 aprile 2010

“Animali torturati e uccisi con violenza”
L’agghiacciante relazione del perito scelto dalla Procura

Somministrazione di Pentothal Sodium senza alcuna necessità, crudeltà, violenze e torture sugli animali, falsità sui certificati di morte. Di questo ed altro parla la perizia del dottor Rosario Fico, dell’Istituto Zooprofilattico di Grosseto, l’esperto incaricato dal giudice Clementina Forleo di eseguire l’autopsia sulle 32 carcasse di cani e gatti sequestrate il 3 marzo dello scorso anno dai carabinieri del Nas dalle celle frigorifere del canile di Cremona. Oggi stesso il responsabile dell’Unità specialistica di medicina forense veterinaria illustrerò al giudice Pierpaolo Beluzzi le cause della morte di ciascuno dei 32 animali esaminati (25 cani e 7 gatti), tutti ospiti della struttura comunale di via Casello. 12 cani su 25, secondo i risultati della perizia, sono stati uccisi con il farmaco anestetico Pentothal Sodium “senza che vi fosse necessità”.
Lo stesso medicinale, usato nell’induzione dell’anestesia generale, è stato somministrato, sempre senza motivo, anche su 2 dei 7 gatti che il perito ha esaminato. I 12 cani e i 2 gatti uccisi, in sostanza, non erano affetti da patologie tali da giustificare la loro soppressione. Tracce di Pentothal Sodium sono state trovate nel fegato degli animali, scelto come “organo d’elezione per la ricerca post mortem delle molecole dei 2 farmaci” (Pentothal e Tanax). “Il che vuol dire”, è scritto nella relazione, “che ad alcuni animali esaminati possono essere stati comunque somministrati i farmaaci in questione, ma per vari motivi, ad esempio il tempo intercorso tra l’iniezione e il blocco cardiaco, o un dosaggio troppo basso del farmaco, la quantità di sostanza presente nel fegato era al di sotto del limite di rilevabilità del metodo”. Il dottor Fico, nelle autopsie, ha quindi considerato tutti gli animali che riportavano valori di medicinali “killer” superiori a 3,7 mg/kg per il Tanax e 4,2 mg/kg per il Pentotal. Questi valori, per l’esperto hanno dato la certezza assoluta della somministrazione della sostanza. “La corretta applicazione dell’eutanasia (morte dolce)”, spiega nella perizia ilo dottor Fico, “prevede la perdita di coscienza seguita dall’arresto cardiocircolatorio e dalla perdita delle funzioni cerebrali. Una buona tecnica deve minimizzare il dolore, lo stress e l’ansia che gli animali possono provare”. Tutto ciò, per l’esperto, non è avvenuto nel caso del canile di Cremona.
“Il Pentothal, qui utilizzato per la soppressione”, è spiegato nella perizia, “è un farmaco registrato per l’induzione dell’anestesia generale da mantenere con anestetici gassosi, oppure per l’anestesia generale di breve durata (10, 20 minuti). In un protocollo di eutanasia, l’uso del Pentothal è previsto solo come anestetico profondo da somministrazione prima dell’iniezione letale di Tanax, e non come farmaco esclusivo per causare la morte dell’animale. Il Pentothal non è un farmaco registrato come eutanasico, e pertanto averlo usato a tale scopo non è legittimo. Negli animali ai quali è stato somministrato il Pentothal non sono risultate essere in atto, al momento della morte, patologie tali da giustificare la loro soppressione. Pertanto gli animali sono stati soppressi, sia in violazione della normativa vigente che per quanto riguarda la mancanza di requisiti di legge”.
In molti casi, dunque, cani e gatti sono stati uccisi “senza una motivazione legittima e dopo aver subito un traumatico contenimento fisico”. “Alcuni animali soppressi con il Pentothal”, è scritto nella perizia, “ presentano lesioni e traumi sottocutanei localizzati alle estremità di tutti e quattro gli arti, compatibili con il tentativo di legarli nel forzato contenimento fisico, pare con l’uso di corde o cappi appena prima dell’iniezione letale”. “L’immobilizzazione fisica”, scrive Fico, “è stata violenta, tanto da causare ecchimosi, ematomi ed emorragie in gran parte della superficie degli animali appena prima della loro morte”. Un cane, addirittura, è morto in seguito alla “conseguenza di un tentativo di contenimento fisico effettuato con violenza”. “In questo caso”, secondo l’esperto, “probabilmente l’animale è morto per lo choc prima che gli venisse praticata l’iniezione letale”. 5 cani, invece, “sono morti in conseguenza dello choc determinato da profonde ferite inferte da altri cani”. Tra questi, anche un cucciolo morto sbranato. Di episodi di aggressioni tra animali avevano parlato anche le volontarie, che a suo tempo, sentite in sede di indagine, avevano raccontato raccapriccianti episodi di animali di piccola taglia, anche cuccioli, sbranati da altri di grosse dimensioni dopo essere stati messi insieme nei recinti. “Altri cani”, è scritto nella relazione, “sono morti nel tentativo di dincolarsi dai lacci, rimanendone vittime”. Non solo: nella perizia si parla anche di certificati di morte che raccontano di animali deceduti “in stato comatoso in seguito ad ictus”. Una causa, questa, smentita dall’autopsia di Fico, nella quale “l’esame necroscopico non ha evidenziato alcuna lesione al cervello”. “È quindi evidente”, conclude l’esperto,” che è stato dichiarato il falso sulle cause di morte di alcuni animali”.
Oggi tutto questo verrà spiegato al giudice Beluzzi, che due anni fa, all’inizio dell’inchiesta sulle presunte uccisioni e maltrattamenti contro gli ospiti del rifugio di via Casello, aveva rigettao la richiesta di archiviazione e ordinato alla Procura nuove indagini.
Nell’inchiesta, indagati ci sono Maurizio Guerrini e Cheti Nin, i due ex responsabili dell’Associazione Zoofili cremonesi, difesi dai legali Marco Soldi, del foro di Cremona, ed Ennio Buffoli, di Brescia, la veterinaria Michela Butturini, assistita dall’avvocato Alessandro Nolli, e due volontarie, Laura Gaiardi ed Elena Caccialanza, difese dal legale Stefania Amato di Brescia. Tutti devono rispondere dei reati di uccisione e maltrattamento di animali, esercizio abusivo della professione medica, abbandono di animali e abuso d’ufficio. Indagati anche due veterinari, il dottor Aldo Vezzoni, di Cremona, e il collega di Madignano Graziano Pengo. Per l’accusa, Vezzoni avrebbe firmato ricette di quantitativi sproporzionati di Pentothal Sodium. Il professionista, medico di riferimento scelto dall’Associazione Zoofili cremonesi nella gestione del canile, avrebbe fornito parte del grosso quantitativo dei farmaci senza poi verificarne l’utilizzo.Il dottor Pengo, invece, avrebbe certificato la morte mai avvenuta di decine di cani. Nell’eventuale processo, la Lega Nazionale per la Difesa del Cane, rappresentata dall’avvocato del foro di Milano Gianluca Scagliotti, ha già fatto sapere di avere intenzione di costituirsi parte civile.
Sara Pizzorni


Il sequestro del canile di Cremona è avvenuto ai primi di marzo del 2009: http://traccediverse.blogspot.com/2009/03/animali-uccisi-e-maltrattati.html?showComment=1271849704175. Ora, un anno dopo lo svelamento (sempre troppo tardivo) dei massacri, la relazione del perito della Procura cattura naturalmente l’attenzione di tutti. L’orrore delle descrizioni è quasi insostenibile, dunque attenzione. Attenzione a non lasciarsi coinvolgere, perdendo così di vista il nucleo della questione. Che si riassume in una domanda: perché?
Il rosario di reati consumati alla bell’e meglio (per anni e anni, non lo scordiamo), con uccisioni arrangiate, con farmaci approssimativi, tutto pur di ammazzare in fretta e in quantità, era fine a se stesso? Vorremo credere a un vortice di follia assassina che avrebbe inghiottito tutti i partecipanti a questa macelleria? Dovremmo chiedere l’infermità mentale collettiva?
In un canile gestito negli anni da più associazioni (quella attuale è solo l’ultima), aperto ad arrivi da tutta Italia, appoggiato a professionisti che non solo fornirebbero in quantità industriale anestetici destinati a uccidere, ma farebbero anche l’inverso certificando morti mai avvenute (dunque rendendo invisibili e disponibili per altri scopi decine di cani), qual è la ratio, qual è il sistema organizzato del quale qui sembra di vedere soltanto uno dei pilastri di sostegno – forzatamente nascosti e clandestini – e in cui, forse, personaggi ancora in ombra hanno recitato ciascuno la sua piccola parte?
Non lasciamoci affascinare dall’orrore. Cerchiamone le cause, che temiamo siamo molto più fredde e ciniche. E non dimentichiamo che Cremona, a quel che pare, non è che un nodo di una diabolica ragnatela.


Immagine: La Cronaca 20.4.2010

giovedì 15 aprile 2010

Scilipoti: niente compromessi umilianti



SCILIPOTI (IDV): TRAFFICO ANIMALI RANDAGI, INTERVENGA IL MINISTERO DELL’AMBIENTE

Roma 14/04/2010 - “Siamo sempre stati contro il traffico di animali randagi dal nostro Paese verso l’Europa del Centro-Nord; il Governo si muova con maggiore attenzione al fenomeno e con una rigorosa applicazione delle leggi esistenti”. Così l’On. Scilipoti con riferimento al traffico illegale dei randagi. “Le ultime informazioni mostrano che si sono scatenate campagne diffamatorie contro l’Italia, soprattutto da parte delle organizzazioni straniere coinvolte. Con stupore - prosegue il Deputato idv - veniamoora a conoscenza del fatto che il Ministero della Salute sta elaborando un protocollo di sostanziale legalizzazione di tali traffici, inserendo addirittura le esportazioni di massa, travestite da adozioni, nel sistema TRACES dei trasporti commerciali di animali. Ci opponiamo fermamente a simili compromessi che disattendono i doveri istituzionali e umiliano il nostro Paese, a tal proposito – conclude Scilipoti - invitiamo il Ministero a recedere da tale progetto e a lavorare piuttosto per il rispetto della legalità, integrando con serie disposizioni il DdL di ratifica della Convenzione di Strasburgo”.
On. Domenico Scilipoti
http://parcodeinebrodi.blogspot.com/2010/04/scilipoti-idv-traffico-animali-randagi.html

Procedure condivise… da chi?


Gentili sig.ri,
si ritrasmette la procedura in oggetto nella quale sono state recepite le osservazioni alla bozza preliminare. (l’ultima osservazione è del 24 febbraio 2010).
Sulla base dei contenuti della stessa sono state predisposte le lettere di richiesta collaborazione alle Ambasciate dei Paesi individuati (Germania, Svizzera, Austria, Svezia ecc.) per giungere ad un accordo e fissare un protocollo bilaterale.
Eventuali aggiornamenti consecutivi vi saranno comunicati.
Distinti saluti.

Dott. Giandomenico Di Vito
Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti
Direzione Generale della Sanità Animale e del Farmaco Veterinario
Ufficio VI – Benessere Animale
Oggetto : Procedura per la movimentazione di cani dai rifugi italiani per pratiche di adozione
internazionale, condivisa ed elaborata, in base alle aspettative emerse nel corso della
riunione del 19 novembre 2009 e alle osservazioni formulate dal gruppo di lavoro.

La movimentazione di animali può avvenire solo ad opera di Associazioni riconosciute in conformità alla vigente normativa regionale, onlus o Enti morali aventi come finalità la protezione degli animali.

Tali Associazioni, onlus o Enti morali aventi come finalità la protezione degli animali, devono comunicare per iscritto al Servizio Veterinario ASL competente per territorio che effettuano o intendono effettuare adozioni al di fuori del territorio nazionale.

Gli animali movimentati devono obbligatoriamente essere identificati con microchip e iscritti all’Anagrafe Canina nazionale.

Tutti gli animali movimentati devono essere muniti del Passaporto comunitario previsto dal regolamento (CE) n.998/2003, recante l’attestazione sanitaria della avvenuta vaccinazione antirabbica e di eventuali trattamenti antiparassitari richiesti dal Paese di destinazione.

Per ogni movimentazione le Associazioni, onlus o Enti morali aventi come finalità la protezione degli animali devono fare, con almeno 10 giorni di anticipo rispetto alla partenza degli animali, una comunicazione all’ASL territorialmente competente, specificando le generalità dell’Associazione ricevente e del privato cittadino che adotterà l’animale, il numero del relativo microchip e del Passaporto comunitario.

Per ogni movimentazione, comunicata conformemente al precedente punto 5, il Servizio Veterinario della ASL territorialmente competente provvederà a rilasciare la certificazione sanitaria, che può essere cumulativa nel caso di più animali, conforme alla Direttiva 92/65 CE (Allegato E parte I) e a produrre il relativo messaggio TRACES (riportando nella parte I del TRACES, alla casella I. 31, il numero di ogni singolo passaporto e microchip) per l’Autorità sanitaria del Paese di destinazione; per tale scopo è necessario che le strutture di partenza e, parimenti, quelle di arrivo siano accreditate nell’ambito del citato sistema TRACES.

Per ogni animale oggetto della movimentazione deve essere garantita, a cura dell’Associazione o privato cittadino che adotta l’animale, l’iscrizione nelle anagrafi o banche dati attivate nei Paesi di destinazione; tale adempimento comporta il coinvolgimento, per le dovute verifiche, delle Autorità di controllo del Paese di destinazione.

Annualmente i Servizi Veterinari territorialmente competenti, tramite i Servizi Veterinari delle Regioni e Province autonome, trasmettono, entro il 31 gennaio dell’anno successivo, un resoconto di tali movimentazioni al Ministero della Salute - Direzione Generale della Sanità Animale e del Farmaco Veterinario.


La procedura prevista può essere completamente applicata soltanto attraverso la collaborazione con le Autorità competenti del Paese di destinazione (Germania, Austria, ecc.) alle quali viene proposto un protocollo bilaterale.

In via preliminare, prima che la procedura diventi operativa, è opportuno acquisire l’elenco delle Associazioni di protezione ufficialmente riconosciute nei Paesi comunitari di destinazione nonché l’elenco delle strutture accreditate nell’ambito del sistema TRACES, autorizzate a ricevere gli animali in questione, per permettere la corretta predisposizione e la trasmissione dell’informazione da parte delle autorità italiane di cui trattasi
Si richiama, infine, l’importanza del punto 7, l’applicazione del quale risulta indispensabile per consentire la piena e sicura rintracciabilità degli animali; su tale aspetto deve essere, quindi, assicurata la collaborazione delle Autorità di controllo del Paese di destinazione.

Fermo restando che, il trasferimento dei cani per l’adozione in altri Paesi non debba essere incentivato in quanto non rappresenta la soluzione al problema randagismo questa Amministrazione ritiene che, tale pratica, può essere consentita solo se eseguita secondo una procedura condivisa e conforme alla normativa vigente.
Solo in questo modo, la movimentazione degli animali può essere controllata e ridimensionata mentre, l’adozione di altre misure già previste quali, l’identificazione, la registrazione in anagrafe e la sterilizzazione, possono contribuire significativamente alla riduzione e al contenimento del randagismo.
Infine, qualora non si riesca ad ottenere sufficienti garanzie da parte delle Autorità competenti dei Paesi di destinazione, si provvederà ad adottare tutte le opportune misure al fine di bloccare definitivamente tale movimentazione.



E adesso, care Grandi Associazioni, dopo questo capolavoro di piroette su una punta di spillo, giacché tale è la consistenza sostanziale e giuridica del punto di partenza (a proposito: divertentissima soprattutto la parte finale del documento), adesso cosa intendete raccontare ai vostri iscritti e soprattutto alle migliaia di cittadini che hanno firmato tutt’altro, aderendo alla petizione “Ti deporto a fare un giro”, fidandosi del vostro nome? Vorrete piroettare anche voi, aspettando che, voi condiscendenti, si consumi questo tradimento delle nostre conquiste legislative e della nostra dignità nazionale… per poi dire magari che non siete d’accordo? Chi vi crederà?


Fonte: http://www.unaecoanimali.it


UAI: no alla “regolamentazione” delle esportazioni

La UAI (Unione Antivivisezionista Italiana), presente al tavolo di lavoro del Ministero della Salute che sta elaborando un protocollo di “regolamentazione” delle esportazioni di cani randagi, ha inviato una nota sia al ministro Fazio sia alla sottosegretaria Martini per ribadire e nuovamente motivare il suo pieno dissenso.
Milano, 21 marzo 2010

Con riferimento alla comunicazione inviataci il 28/01/10 dal Vs. Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, Direzione Generale della Sanità Animale e del Farmaco Veterinario - Uff. VI Benessere Animale, con la presente ribadisco il mio più totale dissenso e la mia vivissima preoccupazione per l'intenzione espressa dai Vostri funzionari di voler emanare disposizioni miranti a "regolamentare la movimentazione di cani da rifugi italiani verso paesi europei per pratiche di adozioni internazionali".
Lo scopo dichiarato dell'iniziativa sarebbe quello di garantire una "tracciabilità" degli animali e di avere adeguate assicurazioni sulla loro destinazione".
Come già dichiarato alla riunione indetta al Ministero il 19/11/09 (riunione alla quale erano stati invitati solo alcuni veterinari regionali, ENPA, LAV, Lega del Cane e Lega Pro Animale) la nostra associazione, che conta 35.000 iscritti, notoriamente contraria da anni all'esportazione di randagi, non era stata convocata e ha potuto ottenere un invito solo grazie all'interessamento di un Senatore.
Con la presente, nella mia qualità di consigliera delegata dalla Associazione UAI-Unione Antivivisezionista Italiana dichiaro di ritenere in tutta coscienza che il Ministro della Salute ed i suoi collaboratori non debbano e non possano legalizzare con un provvedimento del genere una iniziativa che contrasta con la legislazione vigente e che sia invece auspicabile un rinnovato forte impegno per pretendere ed ottenere finalmente l'applicazione della normativa vigente nel nostro Paese, ancora largamente disattesa in molte aree (Legge 281 agosto 91 e relative Leggi regionali). Solo obbligando Regioni, Comuni e Autorità Sanitarie competenti a fare il proprio dovere, prevedendo controlli e prendendo provvedimenti nei confronti degli inadempienti, anche con denunce per omissione d'atti d'ufficio, illeciti amministrativi, malgoverno o maltrattamento degli animali, si potrà parlare di tutela degli animali e prevenzione del randagismo.
L'inosservanza dell'obbligo d'iscrizione dei cani all'anagrafe canina, la mancata sterilizzazione, la pressione di molte amministrazioni ad inventare soluzioni alternative alla custodia e mantenimento dei cani (che coincide con l'interesse di molti soggetti pronti a prelevare animali da ogni dove, a costo zero, per intermediarli attraverso vari canali, per i vari scopi) ha fatto sì che negli ultimi anni siano svaniti nel nulla decine di migliaia di cani e gatti.
Un provvedimento come quello che è stato prospettato rappresenterebbe solo un escamotage per lasciare svuotare canili e rifugi compiacenti, eliminando costi e responsabilità, sia delle varie Autorità competenti, sia dei gestori, senza peraltro fornire garanzie di alcun tipo per la salvezza degli animali, ma favorendo semplicemente operazioni poco trasparenti a danno degli stessi.
La “tracciabilità" dei trasporti che vorrebbe essere studiata "adattando" allo scopo la Direttiva 92/65 in modo tra l'altro di potere fare carichi ingenti (trasporti superiori a 5 cani non sono infatti contemplati dal Regolamento CE 998/2003) garantirebbe (nel caso di trasferimenti alla luce del sole e non clandestini come sinora spesso accaduto) la sola identificazione dei luoghi di partenza e delle stazioni d'arrivo all'estero dei cani che, una volta "ceduti" ai riceventi, potranno da questi ultimi essere destinati a chicchessia e per qualsiasi scopo, senza possibilità reale di controllo da parte di autorità o protezionisti italiani.
La cessione, la extraterritorialità e il sinora sempre evocato diritto alla privacy da parte degli intermediari italiani e dei destinatari esteri non consentiranno di sapere che fine faranno realmente i nostri cani, diventati merce da esportare con il sistema TRACES, usato per gli animali da reddito (vedi appunto Direttiva 92/65).
Si tratterebbe di regolamentare un vero e proprio commercio di randagi e il conseguente "abbandono" dei nostri cani in paesi dove, tra l'altro, vigono leggi molto permissive in fatto di eutanasia (vedi problemi comportamentalil malattie trasmissibili, ecc.) e in materia di sperimentazione (si ricorda che in Germania ad esempio alcuni esperimenti non hanno bisogno di autorizzazione preventiva e possono essere solo “segnalati" e che nei laboratori finiscono anche animali provenienti da rifugi. Non va poi dimenticato che in Germania un privato cittadino può cedere il proprio animale malato ai laboratori.
Non è pertanto possibile credere di potere ottenere che, con queste premesse e con questi aspetti commerciali del problema, Autorità Pubbliche dei Paesi Europei nei quali verrebbero esportati i nostri randagi accettino (sulla base delle nostre normative) obblighi di controllo attinenti alla destinazione finale dei cani e alla protezione degli stessi per garantirci che ad essi non accadrà
nulla di male. Perché dovrebbero farlo? Perché uno Stato straniero dovrebbe farsi carico d'accogliere, mantenere, curare e proteggere migliaia di cani, intermediati da organizzazioni di vario tipo, provenienti oltre che dall’Italia, da Grecia, Portogallo, Spagna, Turchia, Serbia, Ungheria, Polonia, Romania, Africa del nord, Asia, Paesi dell’Europa dell'est, isole mediterranee, isole atlantiche, Colombia ecc. ecc., se la cosa rappresentasse solo costi per la "vigilanza" e costi per la "gestione" senza altro scopo?
Ci risulta molto difficile allontanare "i cattivi pensieri" anche perché dal punto di vista sanitario tali paesi dovrebbero porsi , come già accade, serie domande e provvedere a fare seri e costosi controlli sanitari, visto che ad esempio più di una volta i furgoni pieni di cani fermati in Italia o alla frontiera trasportavano animali accompagnati da falsi libretti, attestati di vaccinazioni in realtà mai fatte o retrodatate (vedi antirabbica), portatori di gravi malattie anche trasmissibili. Tali animali non certo ambiti per eventuali "adozioni contro offerta" potrebbero essere soppressi o ceduti alla ricerca perché la loro "cura" rappresenterebbe solo costi elevati che "non pagano". Va poi considerato che dal momento del passaggio alla frontiera i nostri cani saranno sottoposti solo alle leggi vigenti del Paese di destino, il che non ci lascia per nulla tranquilli poiché da quel momento non saranno possibili interventi o controlli da parte delle Autorità o delle Associazioni Italiane, salvo rogatorie internazionali della cui inefficacia abbiamo più volte avuto prova.
Ai Veterinari ASL italiani che volessero fugare per conto terzi qualche dubbio verrà forse offerto un viaggio con soggiorno di due giorni (a spese di chi, e con quale incarico fuori dalla loro competenza territoriale?) per visite pilotate dalle quali torneranno senza avere in sostanza verificato alcunché (è già successo e i loro racconti non hanno convinto nessuno).
Un provvedimento come quello che codesto Ministero si appresta a predisporre renderebbe di fatto impossibile recuperare qualsiasi animale, neppure per restituirlo al suo legittimo proprietario, che avrebbe il diritto di rientrare in possesso del "bene" per un anno dal momento della perdita per furto o smarrimento.
In Germania (Paese da VV.SS. indicato tra altri come luogo di destinazione dei cani) non esiste anagrafe canina pubblica quindi non vi è obbligo d'iscrizione del cane (tranne che per alcune razze e tipologie ); esiste solo la possibilità di registrare il proprio animale ad anagrafi di tipo privato (TASSO - Deutsches Haustier Register DTSB) quindi, ammesso che un nostro randagio venga effettivamente ceduto a terzi, ammesso che gli venga lasciato il microchip che avrebbe dovuto avere alla partenza (e che questo non gli venga successivamente tolto dichiarando "morto" il cane, come sempre succede per i cani rubati) sappiamo che sarà comunque impossibile indagare in Germania su passaggi di proprietà dei cani; la stessa cosa dicasi per altri Paesi nei quali potrebbero finire i nostri animali.
Per nulla tranquilli ci lascia poi il capitolo 111 della famosa Convenzione Europea, recentemente recepita dall'Italia, che dall'art. 12 cita:

Capitolo III articolo 12 - Riduzione del numero di animali randagi
Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.
a) Tali misure debbono comportare che: 1. se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell'animale; 2. nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi della presente Convenzione.
La nostra legge n. 281 del 1991 e la legge 189 del 2004 dicono cose molto diverse, ben in contrasto con tale articolo che dà licenza di uccidere se vi è un sovrannumero! Tutto questo deve fare riflettere soprattutto i protezionisti e anche le Autorità che pretendono di agire con il loro consenso.
Le ulteriori altre informazioni dovrebbero fare riflettere chi si appresta a legalizzare l'esportazione dei nostri cani:
  • pericolo che una disposizione di questo tipo, rivestendo carattere commerciale, attiri l'attenzione di nuovi altri soggetti, veri e propri commercianti, neppure bisognosi di spacciarsi per protezionisti, pronti a cercare facili guadagni visto che la merce sarebbe a costo zero;
  • crisi in Germania con conseguenti abbandoni di animali per difficoltà economiche; conseguente difficoltà ad esempio del DTSB [Deutsche Tierschutzbund] a gestire più di 500 canili sovraffollati e appello dello stesso alle Autorità per ottenere aiuti statali da prevedersi nella loro "finanziaria, con previsioni dichiarate di non poter garantire la continuità dell'assistenza oltre i prossimi 16 mesi se le cose non cambieranno;
  • se vi fosse veramente la capacità da parte di associazioni protezioniste tedesche di assorbire decine di migliaia di cani provenienti dai Paesi definiti incivili, sottosviluppati e torturatori di animali (precedentemente indicati) i canili tedeschi dovrebbero essere vuoti perché per logica i cittadini zoofili tedeschi prima di andare a cercare "adottandi" all'estero salverebbero i loro cani e "qualcuno" non avrebbe bisogno di continui "flussi" da mettere su particolari siti internet per l'intermediazione "contro offerta" (dai 250 ai 400 € a cane!) con appelli lacrimevoli;
  • provvedimento del Governo Greco per impedire l'esportazione dei loro randagi. Qualcuno alla riunione ha avuto il coraggio di obiettare che tale provvedimento non è legale perché con il Schengen [accordo di Schengen] nessuno può impedire la "libera circolazione delle merci" nella Comunità; in effetti per molti di coloro che prelevano cani in numero elevato gli stessi son solo merce, cosa che per noi non sarà mai;
  • fenomeno "staffette/stalli" assolutamente fuori controllo con movimentazione di cani e gatti (da sud a nord) spesso malati che causano tragedie in rifugi. Tali animali non sempre trovano adozioni vista la leggerezza con cui vengono intermediati e spesso finiscono nelle filìere dell'esportazione. Il numero elevato di soggetti trasportati e le offerte che vengono chieste agli adottanti per coprire spese di viaggio e di presunte spese veterinarie in taluni casi fanno anche pensare ad una attività.
  • REACH: nei prossimi anni 100.000 sostanze chimiche (molte delle quali già sul mercato) verranno testate o ritestate per verificarne la pericolosità. E' previsto l'utilizzo di milioni di animali (cani e gatti compresi).


Dopo la riunione una funzionaria del ministro sosteneva che per la sperimentazione e la vivisezione vengono usati solo "beagle" appositamente allevati (come a dire che per i nostri randagi/meticci il pericolo di finire in certi canali non esisterebbe). Quando le ho detto che non era vero, ha ammesso che per le ricerche su malattie cardiache, renali, oncologiche, metaboliche, del sistema immunitario, degli organi interni, muscoloscheletriche, neurologiche, per sperimentazioni chirurgiche, ortopediche, trapianti, applicazioni di valvole, protesi ecc. ecc. va benissimo qualsiasi tipo di cane o gatto. Ha anche ammesso di sapere che i meticci o cani di diversa provenienza costano meno e anche che sono più indicati per esperimenti per i quali si richiede l'utilizzo di animali con caratteristiche genetiche differenti.
Dal tenore della Vs. comunicazione e dal testo reso pubblico dall'ANMVI con la risposta alla interpellanza dell’On. Mancuso deduciamo che siete intenzionati a procedere nel progetto di emanare il provvedimento che regolamenti l'espatrio dei nostri randagi presenti in canili e rifugi (e tanti altri cani che vengono abbandonati, rubati, persi, ceduti in buona fede e che verranno, come già succede, raccattati per lo stesso scopo).
Ci auguriamo che abbiate un doveroso ripensamento e che non siate sostenuti da Responsabili dei Serv. Veterinari ( i quali sanno benissimo che là dove la legge viene rispettata ed applicata e vi è sinergia tra le Autorità locali e serie Associazioni le cose funzionano molto bene e il problema randagismo viene affrontato con buoni risultati).
Mi auguro anche che le Associazioni protezioniste italiane (da Voi coinvolte, per usare un Vs. termine, e presenti alla riunione nel 19/11/09: ENPA LAV e Lega del cane) vorranno rendere pubblica la loro dissociazione da una iniziativa del genere, dopo avere raccolto il parere delle loro "basi" che senz'altro non vorranno rendersi responsabili di. mandare i nostri animali incontro a un destino incerto e proprio per questo pericoloso, quindi contrario agli scopi statutari.
Se così non sarà le Autorità saranno le prime a dare il cattivo esempio, trovando scappatoie che consentono d'eludere la legge e le Associazioni che condivideranno il progetto dovranno rendere pubblica la loro posizione, decidendo liberamente di rischiare, sulla pelle degli animali, un giudizio di condanna da parte dei loro iscritti e simpatizzanti e della gente comune, stanchi di sostenere campagne, raccolte di fondi e di firme che potrebbero sembrare solo ricerche di nuovi consensi per rafforzare la propria immagine e il peso politico.
Se così non sarà gli "eletti" avranno perso una buona occasione per non deludere le aspettative e l'impegno di protezionisti e comuni cittadini che credono nella legalità e nel progresso della sensibilità pubblica e privata.
Concludo osservando che il "progetto" risulta essere in palese contraddizione con quanto da VV. SS. disposto con l'ordinanza del 16/07/09 (non allontanamento dei cani dalle aree di pertinenza) promossa e tutt'ora sostenuta da questo Ministero.
Tanto vi scrivo nella speranza che le informazioni fornite e che con ogni probabilità, pur essendo a disposizione dei Vs. uffici non vi sono pervenute, possano indurre ad un proficuo ripensamento e bloccare l'iniziativa.
Distinti saluti.

(Angela Beduschi)


Quasi contemporaneamente, il Ministero ha inviato ai partecipanti al tavolo di lavoro la procedura “condivisa ed elaborata in base alle aspettative emerse nel corso della riunione del 19 novembre 2009 e alle osservazioni formulate dal gruppo di lavoro” formato dai rappresentanti di alcune Regioni e, oltre alla non desiderata UAI, da Lega Pro Animale (guarda guarda), ENPA, LAV e Lega del Cane. Dubitiamo che ce ne siano state, a giudicare dal post che segue. Ma, dopo il precedente della prima riunione, mentiremmo se dicessimo che ce ne aspettavamo.


Fonte: http://www.unacremona.it/UAIminsal.pdf

venerdì 9 aprile 2010

Comunicato UNA Civitanova: I rigattieri del randagismo 3


Certo, la Germania e l’Italia sono diverse nel modo di far fronte sul posto all’abbandono e al randagismo. La prima non ha tanti randagi autoctoni quanti la seconda, e la ragione è semplice: la prima applica le sue leggi che prescrivono il ricorso alla soppressione, la seconda non applica a dovere le sue, ben più avanzate ma ben più impegnative, che si sono lasciate alle spalle questo vantaggioso ma barbaro espediente e lo sostituiscono con la prevenzione, l’incentivo alla sterilizzazione, l’anagrafe canina pubblica e obbligatoria. Diciamo che dal punto di vista di una moderna tutela degli animali entrambe sono in difetto, la prima per sua decisione, la seconda per sua inadempienza.

Ma c’è, sempre sul piano ufficiale, una diversità più profonda: al pari di altri Paesi, la Germania, in armonia con le esigenze del suo modello di sviluppo economico, lascia un enorme spazio gestionale al settore privato e alle logiche di mercato; in Italia invece qualunque attività che si definisca di tutela degli animali discende, è riconducibile a – o è controllata da – una funzione PUBBLICA. Tutto ciò non è, non deve essere per noi senza significato. Anche se nella pratica non possiamo non constatare che il modello “europeo” dell’impresa privata, con il suo peso, le sue seduzioni e i suoi ricatti, passa agevolmente le frontiere, affascina gli impreparati e attira gli intraprendenti, scivola e s’insinua fra le pieghe della legge e al bisogno la elude, riuscendo a creare anche alleanze insospettate grazie alle scorciatoie che propone a istituzioni pubbliche alle prese con doveri scomodi. E parliamo, tanto per esser chiari, del frequente abbandono degli animali tanto a gestori privati con pochi scrupoli quanto a raggruppamenti improvvisati, privi di retroterra culturale e di senso della legalità: soggetti, tutti, che per una ragione o per l’altra finiscono per divenire validi collaboratori del saccheggio organizzato del nostro territorio e del nostro prezioso patrimonio legislativo.

In verità, chi si presenta dall’estero a prelevare carichi di animali conserva in genere un approccio abbastanza disinvolto alle leggi del suo proprio Paese, per non parlare di quelle europee; e una voluta, pervicace noncuranza (da trasformare all’occorrenza in disprezzo palese e impunito…) verso le regole del Paese di rifornimento. Perché dovrebbe essere altrimenti, quando l’esempio viene da chi dovrebbe rispettarle e farle rispettare? Ciononostante, ci è capitato d’imbatterci in lamentele come questa: “Con un po’ di difficoltà abbiamo risolto le formalità che si devono seguire per lo Stato italiano se si vogliono portare cani all'estero (formalità che si devono seguire in tutta l’Unione Europea, N.d.R.). È strano. Se i cani in Italia crepano, non importa a nessuno, ma se devono andare in Germania, allora si creano problemi a non finire agli animalisti tedeschi” (Tierrundschau – Zeitung der Tierschutzliga Deutschland, 61). Messa da parte l’ovvia destinazione a un pubblico disinformato, rimane il mugugno sprezzante perfino su quello che è in realtà l’escamotage paradossalmente più “legale” praticato nei prelievi: l’affido, formalmente ineccepibile se estrapolato dal contesto, a persone fisiche che ne beneficiano come privati cittadini, per poi però tornare in patria come semplici prestanome delle loro organizzazioni e destinare l’animale alla vendita. Il tutto in dispregio dell’unica legge che regoli il movimento NON COMMERCIALE degli animali da compagnia: il Regolamento Europeo 998/2003, che è quello che si applica agli spostamenti nel territorio dell’Unione di qualunque proprietario con l’animale che gli appartiene e che è destinato a vivere con lui. Fino a quando si vuol continuare a rifutare di ammettere che questi affidi, atti pubblici nel nostro Paese, sono la maschera italiana di un commercio normalmente praticato all’estero: una maschera necessaria solo finché ci si trova sul nostro territorio?

Ma perché stupirci? Il “sistema europeo”, tutto privato e incontrollato, impera già in Italia nel vorticoso movimento di animali che non di rado confluisce nei canali di esportazione: nei trasferimenti disinvolti dal Sud al Nord e non solo, dall’estero all’Italia e non solo, con l’impiego di prestanome, microchippature occasionali, libretti sanitari di fortuna, staffette, punti di raccolta e stallo, smistamenti ai caselli autostradali, destino spesso incerto – e non di rado pericoloso – per gli animali. Basta fare un giro fra appelli e corrispondenze dei cosiddetti “volontari” per rendersi conto che si tratta di vere e proprie attività, con un impiego quasi totale del tempo di chi vi si dedica. Ma sono attività che lasciano il randagismo al Sud sempre nuovo e sempre immutato come la tela di Penelope, e, per dirla tutta, siamo giunti a domandarci se abbiano anche un rapporto con il recente, improvviso impennarsi degli ingressi nei canili del centro-nord. La buttiamo lì: siamo sicuri che se questi cani potessero parlare parlerebbero con l’accento del luogo…?

C’è una qualche forma di commercio anche dietro tutto ciò? Non lo sappiamo (se sì, non sappiamo in che misura e percentuale): altro non possiamo dire per ora. Ciò che ci colpisce, anche e soprattutto nei non pochi della cui buona fede non vogliamo dubitare, è la sostituzione totale di una formazione professionale, giuridica e civica con una spinta autoreferenziale di improvvisazione e di impreparazione che li porta purtroppo a collaborare, più o meno inconsapevolmente, con organizzazioni ben più coscienti di ciò che fanno.

Solo un esempio recente: la femmina incrocio collie paraplegica, chiamata Cipollina, ospitata fino a qualche tempo fa nel rifugio di Tolentino di nuova gestione. Dopo molti appelli in rete e dopo contatti procurati, sembra, da generosi intermediari, “il miracolo è avvenuto”: la cagna è stata portata tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo (con procedura diretta di affido, e a chi? o con passaggi d’intestazione successivi?) in “una meravigliosa oasi nella Maremma toscana, gestita da una signora tedesca che ospita solo animali menomati fisicamente… Insomma… per Cipollina c’è stato il lieto fine” (Corriere Adriatico). Per la cronaca, la signora in questione gestisce in realtà uno dei più grandi punti di raccolta a fini di esportazione dell’Italia centrale, che incamera e smista animali giovani e anziani, sani e malati, da buona parte del territorio nazionale, dalla Spagna e dall’Est, e si qualifica “partner operante in collaborazione” con la potente ETN, l’organizzazione tedesca che ha lanciato di recente, in sostegno alle esportazioni, una vasta e violenta campagna contro l’Italia. Per inciso, l’ETN era destinataria di uno dei più grossi carichi di randagi spagnoli fermati recentemente in Germania per le spaventose condizioni di trasporto e per gli illeciti nella documentazione. Ora, chi si è messo in contatto con la suddetta signora per averne visto, come dichiara, il sito web non poteva ignorare di che cosa si occupasse. Vorremmo con tutto il cuore che ignorasse che la signora, mentre dava risposta favorevole al suo appello, diffondeva dati, storia e foto della cagna ai suoi collaboratori a nord delle Alpi, dichiarando lacrimevolmente di non potersi accollare tutti i casi di emergenza che le si presentano. Lo vorremmo, perché se così non fosse ci si dovrebbe chiedere perché mai abbia riferito alla stampa che la vicenda di Cipollina aveva trovato in Toscana un lieto fine e non magari una rapida tappa di transito. Forse ignora comunque, o forse no, che la signora non si è trattenuta dall’esprimere ai suoi partner – come da copione – apprezzamenti poco lusinghieri, ma molto funzionali all’uopo, sulle cure prestate all’animale dalla Facoltà di Veterinaria di Camerino e sul canile stesso di Tolentino. Questo è in genere il preludio degli attingimenti – o forse non è già più un preludio? Solo il canile di Tolentino può dirlo. Certo, a questo punto saremmo curiosi di sapere dove sia Cipollina, che non compare nei pur quasi quotidiani aggiornamenti in rete degli ingressi nella meravigliosa oasi; e, qualora fosse lì, se e quanto vi resterà. Ma questa, della quale, ripetiamo, il caso è solo un esempio, è materia spettante a chi è investito della pubblica funzione di tutela degli animali e semmai, per sua delega, a chi più direttamente deve occuparsi dell’applicazione saggia e corretta della lettera e dello spirito della normativa.

Giacché, sia chiaro, l’adozione internazionale non è preclusa, ferme restando l’autonomia decisionale di Regioni, Province e Comuni e la valutazione degli addetti al benessere degli animali tenuti in custodia. Deve trattarsi, s’intende, di adozione: cioè dell’affido, integrato dai necessari e reali controlli di cui si fa promotrice la circolare Veronesi del 2001, a persona che si presenti sul luogo e sottoscriva l’impegno a prendere con sé – definitivamente e senza secondi fini – e a detenere presso il proprio domicilio l’animale desiderato, trattandolo secondo i suoi bisogni materiali ed etologici.

È al fine del benessere animale, di cui è parte l’affido responsabile, che la comunità, tramite le istituzioni, investe pubblico denaro, pubbliche energie e pubblica progettualità. A questo stesso fine si costituiscono associazioni senza fini di lucro, che con l’atto stesso dell’iscrizione agli Albi regionali si impegnano a collaborare rigorosamente all’applicazione delle leggi esistenti, al miglioramento del complesso normativo e alla sensibilizzazione della cittadinanza. L’associazionismo è una delle forme più alte di partecipazione responsabile alla gestione del patrimonio materiale e morale della comunità. Non ci sembra risponda a questi fini la gestione privata e spontaneistica, con o senza vantaggi, di pubbliche questioni e funzioni. Meno ancora ci sembra contemplata la sostanziale devoluzione dei fondi pubblici e delle pubbliche professionalità all’allestimento di veri e propri magazzini di animali di seconda mano, a disposizione di chi voglia prelevarne sistematicamente lotti da destinare al commercio sui mercati esteri (un commercio di sicura redditività, vista la gratuità – almeno ufficiale – del prelievo).

Di queste considerazioni sono forzatamente destinatarie anche le istituzioni, in particolare i Comuni, che in collaborazione con le autorità sanitarie sono i primi custodi e i primi esecutori della legge. Non siamo i soli a osservare quanto spesso i Comuni, a causa delle urgenze finanziarie, dello scarso appoggio legislativo e – spesso – di una mancata comprensione del problema, che ha spinto a sottovalutare le conseguenze di un comportamento negligente, eludano i loro compiti o abdichino decisamente al loro ruolo. Le leggi di tutela degli animali hanno bisogno, è vero, delle istituzioni per funzionare. Ma le istituzioni funzionano a loro volta se fruiscono della collaborazione, e all’occasione del controllo, del pungolo e della protesta fattiva dei cittadini. Che la tutela degli animali sia una difficile battaglia non è una novità: non ce ne occupiamo per divertimento né per placare, costi quel che costi, un impulso sentimentale, ma per rispetto degli animali e dei loro diritti, cioè per rispetto degli uomini e della società. È una battaglia di civiltà che può non essere di rapida risoluzione, ma dà certo migliori risultati se sono i cittadini, e soprattutto coloro che si impegnano ufficialmente, a non abdicare al loro ruolo: senza, che sia ben chiaro, approfittarne per accarezzare l’inerzia delle istituzioni col promettere di alleggerirle dei loro oneri, in realtà dei loro diritti e competenze. In questo consiste la nostra funzione pubblica, che va automaticamente in contrasto con qualsiasi prospettiva di gestione non chiara e non rigorosa del destino degli animali che ci sono affidati.

Se intendiamo assolvere a questa funzione senza facilonerie, scorciatoie o compromessi; se evitiamo di contribuire, a un ritmo che solo localmente sembra più o meno spicciolo, a ingrossare l’onda di un’oscura esportazione di massa; se rifiutiamo di ripararci dai nostri doveri dietro quel sentire subordinato e provinciale che molti si ostinano a coltivare contro ogni ragionevole verosimiglianza, UNA Civitanova è d’accordo. Certamente non è d’accordo con coloro che si rassegnano (o, peggio, si prestano) a svolgere il ruolo di chi fa svuotare la propria soffitta dai rigattieri del randagismo.


UNA Civitanova
Wilma Maria Criscuoli

http://www.unacivitanova.altervista.org/comunicato_unacivitanova.html