Sta a ciascuno di noi rimanere con gli occhi aperti per non perdere queste tracce per essere consapevoli, e non burattini manovrati senza capacità critica.
Su questo blog c'è qualche traccia, il resto non dovete mai smettere di cercarle voi.

giovedì 21 gennaio 2010

Randagio? Meticcio? Prego: Random Source 1





L’American Physiological Society (APS), una delle più grandi associazioni americane per la promozione della ricerca biomedica, è molto preoccupata: non senza motivo e non da ora. Le stanno portando via i più importanti intermediari dell’acquisizione di cani e gatti da parte degli istituti di ricerca a prezzo (relativamente) ridotto: i famigerati B dealers.
Per decenni – e ancora oggi – gli istituti di ricerca hanno avuto i loro propri allevamenti e si sono procurati anche direttamente animali presso canili e rifugi. Ma il maggior contributo è venuto e viene da fornitori professionisti, che il Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) divide, secondo il tipo di licenza concessa, in due categorie: i commercianti di categoria A (class A dealers), che allevano e selezionano cani di razza destinati alla ricerca (purpose bred), e quelli di categoria B (class B dealers). I B dealers non allevano, ma si procurano a poco animali di qualunque origine, età, condizioni di salute, razza e non razza (random source). Lo fanno presso altri B dealers, presso rifugi pubblici e privati gestiti anche da associazioni, presso le associazioni stesse, presso aste, proprietari privati e allevatori amatoriali (tutto con licenza ufficiale). E capita anche che lo facciano – gratis – rispondendo ad appelli di adozione in rete, caricando alla svelta animali randagi e vaganti, facendo sparire dai giardini il cane o il gatto di casa. In questo sono aiutati dagli altrettanto famigerati bunchers, gli incettatori che lavorano con loro in subappalto.
E poi rivendono ai laboratori. Con mutuo vantaggio: perché c’è una bella differenza per gli uni fra il prezzo pagato all’origine e quello riscosso alla vendita, per gli altri tra il costo finale di un cane A e quello di un cane B. Esempio aggiornato all’anno scorso: un cane giovane di media taglia costa al laboratorio 325-350 dollari se è B, 600-900 dollari se è A. Ma se è A non deve avere più di sei mesi e mezzo, perché poi il suo costo sale di 4,10 dollari per ogni giorno di vita (National Academy of Sciences, Scientific and Humane Issues in the Use of Random Source Dogs and Cats in Research, p.81).


E allora? E allora, dice la National Academy of Sciences, “in un mondo ideale il costo non dovrebbe essere un fattore che influenzi le decisioni sulla ricerca, soprattutto su quella fatta su animali. Realisticamente, però, le risorse sono limitate e i ricercatori sono vincolati da preoccupazioni finanziarie. Così, per l’uso continuato di animali presi da venditori di classe B, che possono costare meno degli animali presi da venditori di classe A, il costo è una ragione da prendere potenzialmente in considerazione. Gli incentivi di tipo finanziario all’uso di animali presi da venditori di classe B possono o meno essere sostanziali, a seconda delle circostanze”. Forte e chiaro.


Scarsamente controllabili (e scarsamente controllati) dall’USDA, i B dealers hanno lavorato a lungo con profitto. Negli anni 70-80 erano duecento negli States e la ricerca con animali A e B era al suo massimo: nel 1976 furono usati complessivamente più di 210.000 cani. Poi la tendenza cominciò a scendere. Tra i vari fattori, forse non furono determinanti ma certo furono significativi gli interventi delle associazioni per i diritti degli animali. Prima fra tutte la Humane Society of United States (HSUS), che ha la bazzecola di 11 milioni di soci e che, anche se sulla sperimentazione animale naviga a vista come tante altre associazioni (anche quelle che l’antivivisezione la mettono sulla bandiera), in questo caso si mosse e si sta ancora muovendo.
Finché non successe qualcosa che suscitò un uragano negli USA (e che molto volentieri ci augureremmo per l’Europa, dato che tutto questo ci sembra un copione già noto). Nel 2002 un volontario dell’associazione Last Chance for Animals si fece assumere sotto mentite spoglie nello stallo-fortezza di un grande B dealer dell’Arkansas e per mesi, con una camera nascosta, filmò più di settanta ore di illeciti e di molto peggio. Poi passò tutto al Procuratore generale. Il dealer fu condannato soltanto a una fortissima multa, ma perse la licenza. Il risultato più incisivo però fu sull’opinione pubblica e fu aiutato dall’uscita del documentario che presentò l’inchiesta, Dealing Dogs (http://www.hbo.com/docs/programs/dealingdogs/index.html).

Nel 2005 i cani usati divennero meno di 67.000, 38.000 dei quali erano di classe B. Da allora, molti Stati hanno vietato ai canili la vendita per la ricerca. I B dealers dediti a questo si sono ridotti in breve a meno di dieci, e non tutti sono fuori dai guai.



Perché questa lunga premessa? Perché è in questa situazione difficile che l’APS cominciò a correre ai ripari con una serie di appelli sulla necessità dei cani e gatti random source, di origine casuale, per la ricerca biomedica: in questo articolo del 2006, guarda un po’, dice che sono pochi, pochissimi, ma essenziali per salvare vite umane che – si dice altrove – sarebbero altrimenti distrutte. E nello sforzo di portare in primo piano l’assunto scientifico stila per noi, sotto una luce finalmente chiara e fredda, il catalogo delle ragioni per le quali, ebbene sì, i cani e gatti qualunque sono fondamentali per la sperimentazione (tacendo quella aggiuntiva, o fondamentale, secondo i punti di vista: il prezzo):



Perché c’è bisogno di cani e gatti di origine casuale?

I modelli animali di patologia offrono un mezzo importante per reperire terapie per molte patologie. Un modello di patologia dovrebbe essere una specie animale con caratteristiche biologiche che la rendono sensibile a una condizione simile alla patologia che si studia. Cani e gatti sono serviti come modelli di molte patologie, ma sono stati particolarmente importanti per lo studio di patologie dell’apparato cardiovascolare, digerente, muscolo-scheletrico e neurologico. Inoltre, cani e gatti sono essenziali per la ricerca veterinaria.
La grande maggioranza degli animali usati per la ricerca – forse più del 95% - sono topi e ratti allevati appositamente. I cani e i gatti insieme rappresentano una frazione dell’1%. Circa due terzi di questi cani e gatti sono allevati espressamente per la ricerca. Gli altri sono animali non-purpose bred (allevati senza scopi specifici) o random source (di origine casuale), conosciuti anche come outbred (fuori allevamento) o mongrels (meticci).

I commercianti di classe A, o allevatori, vendono cani e gatti che sono giovani e provengono da un pool genetico limitato. Fattori come l’età e l’accoppiamento in consanguineità sono importanti da considerare per stabilire il modello di ricerca. I caratteri tipici dei cani e gatti allevati appositamente sono ideali per alcuni generi di ricerca, ma non per altri. Per esempio, molte patologie dell’apparato cardiovascolare, digerente e muscolo-scheletrico colpiscono gli umani quando sono in età avanzata. Poiché gli animali allevati appostamente per la ricerca sono giovani, non possono costituire buoni modelli di ricerca per alcune di queste condizioni. La selezione genetica in consanguineità, che è l’altro aspetto degli animali allevati appositamente, è una caratteristica auspicabile per alcuni studi, ma può anche non esserlo, perché questa selezione può produrre anche caratteri separati che intralciano la ricerca.

In confronto, i cani e gatti non allevati allo scopo vengono da retroterra genetici diversi e rappresentano un largo spettro di età. Sebbene costituiscano una frazione minuscola di animali nella ricerca e nella formazione medica, i cani e gatti random source giocano nondimeno un ruolo significativo.




  • Gli animali non allevati allo scopo sono importanti nella ricerca e nell’addestramento chirurgico cardiovascolare, perché la loro maggiore variabilità anatomica ha migliore corrispondenza con quella degli umani. Praticamente tutti i farmaci, i protocolli e tecniche chirurgiche per patologie cardiache sono stati sviluppati o testati su cani “random source”.



  • I cani e gatti non allevati allo scopo sono i modelli più adatti allo studio del diabete di tipo 2 e dell’insulino-resistenza. Queste condizioni, che insorgono naturalmente durante l’età avanzata degli umani, si verificano anche nell’età avanzata dei cani e gatti.



  • Le loro similarità fisiologiche con gli umani rendono i gani e gatti non allevati allo scopo preziosi per la ricerca sulle patologie dell’apparato digerente, come la colite, le patologie infiammatorie intestinali, il riflusso gastro-esofageo, i disturbi della deglutizione e la nausea associata alle cure anticancro.



  • Cani e gatti più anziani e geneticamente diversi sono necessari per studiare la distrofia muscolare e il declino della densità scheletrica associato all’età avanzata.


  • I gatti che hanno sviluppato la FIV (immunodeficienza virale felina) in modo naturale (in opposizione alla patologia indotta artificialmente nei gatti allevati allo scopo) sono utili per la ricerca sia veterinaria sia medica sui retrovirus.

Senza questi animali, ricerche importanti subiranno un ristagno.


http://www.the-aps.org/pa/resources/bionews/classBdogs.htm


Teniamo presente che tutto quel che stiamo riferendo, cifre comprese, riguarda solo la ricerca negli istituti biomedici pubblici: i National Institutes of Health (NIH), dipendenti dal Dipartimento della Salute. Silenzio totale sul resto, inclusa la sperimentazione nelle industrie che ovviamente fa salire di parecchio i parametri statistici (e lasciamo perdere qui anche i rapporti notissimi fra istituti di ricerca e industria).
Comunque, l’APS insiste con maggior precisione quando piange miseria in un comunicato del novembre 2009: per la ricerca c’è bisogno urgente e crescente di cani B “molto anziani, o con patologie preesistenti ed esposizione a virus, allergeni o parassiti”. Lo fa esprimendo – dal suo punto di vista – il suo totale appoggio al rapporto pubblicato in quei giorni dalla National Academy of Sciences (NAS) su richiesta del Congresso degli Stati Uniti.
Chiariamo, però. Il rapporto è redatto solo per rispondere a una domanda mirata: sono o no necessari i B dealers alla fornitura di animali random source per la ricerca? No, è l’ovvia risposta dopo anni di battage sull’argomento. Risposta che, sacrificando le pietre dello scandalo, soddisfa un po’ tutti. E si può ricominciare: perché la NAS suggerisce a questo punto ai NIH di cercare “alternative”. Per esempio, gli A dealers potrebbero lasciar invecchiare un po’ dei loro cani (magari venendo incontro sul prezzo)… oppure gli animali potrebbero essere forniti da “strutture di controllo degli animali”, da allevatori amatoriali, da proprietari filantropi che potrebbero fare un dono alla scienza… insomma, facciano i NIH uno “sforzo aggiuntivo” per individuare nuovi meccanismi allo scopo di rimpiazzare gli animali forniti finora dai B dealers. Saremmo più o meno alla situazione precedente, se non ci fosse una differenza significativa e geniale: l’abolizione del mediatore ufficiale e di ciò che rappresenta come danno d’immagine… e come spesa da dichiarare. Il resto, appunto, è immutato: come si voleva (comprese le vendite dei B dealers a tutti gli altri acquirenti che non siano i NIH). L’impatto fruttuoso su un’opinione pubblica americanamente contenta di ripulirsi la coscienza non elimina l’anagrafe canina privata e caotica, la soppressione facile, la vendita… semmai aggiunge un dettaglio: pare che molti, inorriditi all’idea che il proprio animale finisca alla sperimentazione, piuttosto che mollarlo in canile preferiscano abbandonarlo per strada. Proprio così.
Tutto sommato, è un raccogliere il suggerimento del vicino Canada, dove non esistono ufficialmente i B dealers per la ricerca ma dove la provincia dell’Ontario, che è il modello industriale del Paese, impone per legge ai rifugi di vendere gli animali ai laboratori. E sotto certi aspetti è anche un avvicinarsi al sistema dell’Europa, che con la sua vecchia sapienza può suggerire molte soluzioni.

http://www.newsweek.com/id/57139
American Physiological Society (APS):
http://www.the-aps.org/pa/resources/bionews/randomsource.htm
http://www.the-aps.org/press/releases/09/44.htm
Humane Society of United States (HSUS):
http://hsus.typepad.com/wayne/2007/06/b_dealers_a_cla.html
http://www.humanesociety.org/news/press_releases/2009/05/class_b_dealer_system_unnecessary_052909.html
http://hsus.typepad.com/wayne/2009/11/class-b-dealers.html
National Academy of Sciences:
http://www.nap.edu/catalog.php?record_id=12641



7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma se questo è vero per il Paese che investe enormi risorse nella ricerca, quanto si può attagliare ai Paesi che destinano cifre ben minori allo stesso scopo?
Mi ricorda le favolose ed anonime adozioni di vagonate di cani e gatti nel nord Europa. Si, quello civilizzato come gli Usa. Favolose perchè sono una favola, appunto

Anonimo ha detto...

La verità è terribile... io sapevo di queste "cose americane" da quando ho letto il libro A MUSO DURO dell'italo americano Chris DeRose edito nel 2003.
Ricordate che quanto avviene là avviene ovunque, in ogni parte del mondo, senza eccezione.

Ringhio ha detto...

Chris De Rose è appunto il fondatore di Last Chance for Animals, l'associazione californiana che ha organizzato l'indagine sotto copertura.
Sulla questione dei cani "random source" usati per la ricerca abbiamo anche fonti europee. Ricordate i famosi paragrafi 11 e 9 del Tierschutzgesetz? C'è anche un dossier di TVT, l'associazione tedesca dei veterinari per la protezione animale, che dice che sono particolarmente indicati i meticci di labrador e di foxhound... però non avevo visto ancora niente di così esplicito come queste fonti americane.
Comunque niente male l'elenco dei sistemi con cui questi venditori si procurano i cani! Mi associo all'autore, mi ricorda qualcosa...

Anonimo ha detto...

E secondo voi in Europa non è la stessa cosa? E' peggio perché vogliono far credere il contrario. Non può essere "ufficiale", ma sappiamo bene come avviene. Tutto studiato a tavolino decine di anni fà....
Conoscete l'affaire d'Agen di Henri Barbe? Spiega cosa hanno scoperta ad Agen (Francia) una ventina di anni fà, e non è cambiato nulla.E qui si spiega la nascita di tante nuove associazioni e "volontari" e gli spostamenti affannosi e spasmodici, gli svuotamenti dei canili e via dicendo. Il quadro ormai è chiaro da tempo.
E' terribile sì, ed è un'offesa all'intelligenza degli onesti.

Pippo ha detto...

Anch'io ricordo benissimo il libro di DeRose... e di aver pensato, leggendolo, che era lo stesso anche da noi.
... anche se da noi non c'è un nome specifico e un inquadramento di legge...! tuttavia, ci sono e si diffondono e si pubblicizzano a macchia d'olio grazie a Internet!

Biagio ha detto...

Nulla di diverso, nulla di nuovo, tutto di orribile.

Il fatto è che dicono che servono cani di razza per sapere quali sono i geni e quelli 'ex-randagi' (e simili) per avere maggiori variabili...
La verità è che gli animali nella ricerca non servono, la vivisezione è crudele e inutile!

Anonimo ha detto...

Nella nostra orribile trafficante Italia ci manca solo che i rifugi possano o debbano per legge vendere animali ai laboratori.
Shhhtt, prima che qualche zelante politico lo proponga (ne abbiamo, purtroppo, più d'uno che potrebbe farlo!).